Sentenza Corte Costituzionale n. 80 del 07.03.2019 - SemaforoVerde Circolazione Stradale

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N. 80 SENTENZA 7 marzo - 9 aprile 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Circolazione stradale ? Condizioni soggettive per il diniego del rilascio e la revoca della patente di guida, in relazione a condanne per reati in materia di stupefacenti successive all'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009, anche se per fatti commessi anteriormente. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 120, commi 1 e 2, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica).
G.U. 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n.16 del 17-4-2019


La corte costituzionale
ha pronunciato la seguente
SENTENZA


nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  120  del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della strada), come sostituito dall'art. 3, comma  52, lettera  a),  della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza pubblica),  promosso  dal  Tribunale   ordinario   di   Torino,   nel procedimento vertente tra A. D.G. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e altro, con ordinanza del 6 febbraio 2018,  iscritta al n. 67 del registro ordinanze 2018  e  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18,  prima  serie  speciale,  dell'anno 2018.
Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri;
udito nella camera di consiglio  del  6  marzo  2019  il  Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un procedimento civile cautelare -  promosso  da un   soggetto   condannato   per   due   reati    di    cessione    e commercializzazione illecita di stupefacenti, che si era visto negare il rilascio della patente  di  guida  dal  competente  Ufficio  della Motorizzazione civile per la «non sussistenza dei requisiti morali di cui all'art. 120 comma 1° C.d.S.» - l'adito  Tribunale  ordinario  di Torino, premessane la rilevanza, ha sollevato, sotto duplice profilo, questioni di legittimita' costituzionale del predetto  art.  120  del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della strada), come sostituito dall'art. 3, comma  52,  lettera  a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza pubblica):
«a) con riferimento agli articoli 11 e 117  Cost.,  in  relazione all'art.  7  Convenzione  [...]  per  la  salvaguardia  dei   diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in  cui  prevede l'applicazione dei commi 1° e  2°  a  persone  condannate  per  reati commessi prima dell'entrata in vigore della legge 15 luglio  2009  n. 94;
b) con riferimento agli articoli 3,  16,  25,  111  Cost.,  nella parte in cui prevede la revoca  e  il  diniego  della  patente  quale conseguenza automatica di una condanna  per  i  reati  di  cui  agli articoli 73 e 74 testo unico  n.  309/1990,  a  prescindere  da  ogni valutazione sulla  gravita'  del  reato  e  sulle  pene  in  concreto comminate».
2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  intervenuto  in giudizio per il tramite  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita'  per  irrilevanza  delle questioni relative alla revoca della patente, di cui al comma  2  del denunciato art. 120. Ha poi escluso  la  fondatezza  delle questioni relative al diniego del titolo abilitativo di cui al precedente comma 1, in  ragione  della  ritenuta  natura  non  sanzionatoria  di  tale provvedimento, risolventesi nella mera constatazione dell'insussistenza   dei   requisiti   morali   prescritti   per   il conseguimento della patente di guida.
Tali conclusioni ha anche ribadito con memoria integrativa.

Considerato in diritto

1.- L'art. 120 del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall'art. 3,  comma  52, lettera a), della legge  15  luglio 2009,  n.  94  (Disposizioni  in materia di sicurezza pubblica), sotto la  rubrica  «Requisiti  morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di  cui  all'articolo 116», nei suoi commi 1 e 2, cosi' testualmente dispone:
«1. Non possono conseguire la  patente  di  guida  i  delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti  a  misure  di  sicurezza personali  [...],  le   persone condannate per i reati [in  materia  di  stupefacenti]  di  cui  agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui  al  decreto  del  Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli  effetti  di provvedimenti riabilitativi [...]»;
«2. [...] se le condizioni soggettive indicate al  primo  periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva  al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La revoca non puo' essere disposta se sono trascorsi piu'  di  tre  anni dalla data  [...]  del  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1».
2.- Con sentenza di questa Corte n. 22 del  2018  e'  gia'  stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale del comma 2  del  predetto art. 120, «nella parte in cui - con riguardo all'ipotesi di  condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente  della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di  tossicodipendenza),  che intervenga in data successiva a quella del rilascio della patente  di guida - dispone  che  il  prefetto  "provvede"  -  invece  che  "puo' provvedere" - alla revoca della patente».
La stessa sentenza ha ritenuto non fondata l'ulteriore  questione relativa all'applicabilita' della revoca  del  titolo  abilitativo  a persone condannate per reati commessi prima  dell'entrata  in  vigore della legge n. 94 del 2009 (restando esclusa la revoca della  patente solo in presenza di reati per i quali, antecedentemente a tale  data,
sia stata pronunciata sentenza ai sensi dell'art. 444 del  codice  di procedura penale, stante la componente  negoziale  dell'istituto  del patteggiamento: sentenza n. 281 del 2013).
2.1.- Le censure di violazione degli artt. 3, 16, 25, 111 e degli artt. 11 e 117, primo comma, della  Costituzione,  questi  ultimi  in relazione all'art.  7  della Convenzione  per  la  salvaguardia  dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con legge  4 agosto 1955, n. 848 - rivolte dal rimettente Tribunale  ordinario  di Torino al comma 2 del novellato art. 120  del  cod.  strada  -  prima ancora dal risultare pressoche' integralmente superate dalla riferita sentenza n. 22 del 2018 - sono, pero', come eccepito  dall'Avvocatura generale dello Stato, comunque prive di rilevanza nel giudizio a quo, nel quale il  provvedimento  avverso  cui  e'  proposto  ricorso  non concerne la revoca, bensi' il diniego del rilascio di una patente  di guida.
Le correlative  questioni  vanno,  per  tal  assorbente  profilo, dichiarate, pertanto, inammissibili.
3.- La legittimita' costituzionale del  precedente  comma  1  del predetto art. 120 e' revocata in dubbio, sotto duplice  profilo,  dal Tribunale a quo.
Per un verso, il rimettente denuncia,  infatti,  l'illegittimita' costituzionale  di  tale  disposizione  nella   parte   in   cui   ne conseguirebbe  il  diniego  della  patente  di guida  anche  in  via retroattiva per reati commessi prima  dell'entrata  in  vigore  della legge n. 94  del  2009.  E  ne  prospetta,  per  questo  aspetto,  il contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma,  Cost.,  in  relazione all'art. 7 CEDU, per lesione del principio di irretroattivita'  delle sanzioni  sostanzialmente  penali   sancito dalla   evocata   norma convenzionale, come interpretata  dalla  Corte  europea  dei  diritti dell'uomo.
Sotto altro e piu' generale profilo, dubita poi lo stesso giudice che l'"automatismo" del diniego del titolo di guida, che la normativa censurata direttamente ricollega ad intervenuta condanna per i  reati in questione «a prescindere da ogni valutazione  sulla  gravita'  del reato e sulle pene in concreto comminate», violi gli artt. 3, 16, 25
e 111 Cost.
3.1. - Nel formulare la prima questione il  Tribunale  di  Torino muove dalla considerazione che, nell'ordinamento interno, il «diniego di rilascio  della  patente  non potrebbe  essere  qualificato  come sanzione penale» e ritiene  che  non  chiami  per  cio'  in  gioco  i principi di cui all'art. 25, secondo comma, Cost. Ma si pone  poi il
quesito - cui da' risposta affermativa - se «la revoca e  il  diniego di rilascio della patente di guida rientrino nella  nozione  di  pena dell'art.  7  Convenzione  [...]  per la  salvaguardia  dei  diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali».   Dal   che,   appunto, l'evocazione della suddetta norma europea come parametro  interposto, ai fini della denunciata violazione degli artt. 117, primo  comma,  e 11 Cost., quest'ultimo impropriamente pero' richiamato,  non  essendo individuabile, con riferimento alle  specifiche  norme  convenzionali CEDU, alcuna limitazione della sovranita' nazionale (sentenze n.  210 del 2013, n. 80 del 2011, n. 349 e n. 348 del 2007).
3.1.1.-  La  natura  sostanzialmente  sanzionatoria   della   non conseguibilita' della patente, in  ragione  di  subite  condanne  per reati in materia di stupefacenti,  e' erroneamente  presupposta  dal rimettente.
In conformita' a quanto gia'  ritenuto,  con  specifico  riguardo alla revoca della patente, nella citata sentenza n. 22 del  2018  (in consonanza con la ivi richiamata giurisprudenza  del  giudice  della nomofilachia), anche il diniego di rilascio del titolo di  guida  non ha natura sanzionatoria, ne' costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione  stradale,  ma rappresenta  la  constatazione   dell'insussistenza   originaria   (o sopravvenuta) dei «requisiti morali» prescritti per il  conseguimento di quel titolo di abilitazione.
Esclusa cosi' in  radice  la  natura  sanzionatoria,  o  comunque afflittiva, della condizione ostativa sub comma 1 dell'art. 120  cod. strada, risulta  non  pertinente l'evocazione  della  giurisprudenza della Corte di Strasburgo sui criteri per l'attribuibilita' di natura sostanzialmente penale a "sanzioni" non formalmente  tali. Mentre nella logica (appunto non punitiva ma individuativa delle  condizioni soggettive ostative al conseguimento o al mantenimento  del  permesso di guida) che ispira la novella del 2009 - il diniego  della  patente anche per reati, in materia di stupefacenti,  commessi  anteriormente alla entrata in vigore della disposizione censurata, attiene al piano degli effetti riconducibili all'applicazione ratione  temporis  della norma stessa.
3.1.2.-  Da  qui,  dunque,  la  non  fondatezza  di  tale   prima questione.
3.2.-   La   successiva   questione   relativa   al    cosiddetto  "automatismo" del  diniego  di  rilascio  della  patente  a  «persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del  testo  unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,  n. 309» e' del pari non fondata.
3.2.1.-  Le  ragioni  che   hanno   comportato   il   superamento dell'automatismo della revoca prefettizia ad  opera  della  ricordata sentenza  n.  22  del  2018  -   e, cioe',   per   un   verso,   la contraddittorieta' dell'automatismo di  tale  revoca  «rispetto  alla discrezionalita' della parallela misura del  "ritiro"  della  patente che, ai sensi dell'art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione  "puo'  disporre"»  e, per altro verso, la «indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del  titolo  di  abilitazione alla guida» a fronte della varieta' di fattispecie cui  possono  aver riguardo  i  reati  presupposti  -   non   sono,   infatti,   neppure analogamente riferibili al diniego del titolo abilitativo.
E cio' in quanto tale diniego riflette  una  condizione  ostativa che, diversamente dalla revoca del titolo,  opera  a  monte  del  suo conseguimento  e  non  incide  su alcuna   aspettativa   consolidata dell'interessato.  Inoltre  non   ricorre,   in   questo   caso,   la contraddizione, che ha assunto decisivo rilievo  in  tema  di  revoca della patente, tra obbligatorieta' del provvedimento amministrativo e facoltativita' della parallela misura adottabile dal  giudice  penale in relazione alla medesima fattispecie di reato. Infine, diversamente da quanto presupposto  dal  giudice  a  quo,  l'effetto  ostativo  al conseguimento della patente, previsto dalla  disposizione censurata, non incide in modo "indifferenziato"  sulla  posizione  dei  soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti. La diversa  gravita' del reato commesso, unitamente alla condotta del reo successiva  alla condanna, assume, infatti, determinante rilievo ai fini del possibile conseguimento (anche dopo un solo anno nel caso di condanna con  pena sospesa) di un provvedimento riabilitativo (ex artt. 178  e  179  del codice penale), che restituisce al condannato il diritto a richiedere la patente di guida.
3.2.2.- Il censurato comma 1 dell'art. 120 cod. strada non  viola pertanto, sotto alcun profilo, l'art. 3 Cost., ne' gli artt. 25 e 111 Cost. (questi ultimi solo genericamente, peraltro,  evocati);  mentre non pertinente e', infine, il parametro dell'art. 16  Cost.,  poiche' la liberta' di circolare non comporta, di  per  se',  il  diritto di guidare veicoli a motore (sentenze n. 6 del 1962 e n. 274 del 2016). Da cio' appunto la non fondatezza anche della questione da ultimo esaminata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi:

1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2,  del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo  codice  della strada), come  sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n.  94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), in riferimento  agli artt. 11 e 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in  relazione all'art.  7  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei   diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955, n. 848, e in riferimento agli artt. 3, 16, 25 e 111 Cost.,  sollevate dal Tribunale  ordinario  di  Torino,  con  l'ordinanza  indicata  in epigrafe;
2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1, del d.lgs. n.  285  del  1992, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge n.  94 del 2009, sollevate, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7 della  CEDU,  e  in  riferimento  agli artt. 3, 16, 25 e 111 Cost., dal Tribunale ordinario di  Torino,  con la medesima ordinanza.

Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2019.



Sezione curata da: Salvatore Palumbo e Claudio Molteni.
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