Sentenza Corte Costituzionale n. 88 del 17.04.2019 - SemaforoVerde Circolazione Stradale

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N. 88 SENTENZA 19 febbraio - 17 aprile 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Omicidio e lesioni personali stradali gravi o gravissime - Circostanze e sanzioni amministrative accessorie. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2) della legge n. 41 del 2016; codice penale, art. 590-quater, inserito dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274).

G.U. 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n.17 del 24-4-2019


La corte costituzionale
ha pronunciato la seguente

SENTENZA


nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1,  comma  2,  della  legge  23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e  del reato  di  lesioni  personali  stradali,  nonche'   disposizioni   di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285,  e  al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), e dell'art. 222, commi 2 e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art.  1,  comma  6,  lettera  b), numeri 1) e 2), della legge n. 41  del  2016,  promossi  dal  Giudice dell'udienza preliminare  del  Tribunale  ordinario  di Roma  e  dal Tribunale ordinario di Torino, con ordinanze del  16  maggio  2017  e dell'8 giugno 2018, iscritte rispettivamente al n. 144  del  registro ordinanze 2017 e al n. 139 del registro ordinanze 2018  e pubblicate nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  42,  prima   serie speciale, dell'anno 2017 e n. 40,  prima  serie speciale,  dell'anno 2018.
Visti gli atti di costituzione di F. M. e di M. V.,  nonche'  gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella udienza pubblica del  19  febbraio  2019  il  Giudice relatore Giovanni Amoroso;
uditi gli avvocati  Massimiliano  Cataldo  per  F.  M.,  Riccardo Salomone per M. V.  e  l'avvocato  dello  Stato  Carlo  Sica  per  il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017),  ha sollevato  questioni   di legittimita' costituzionale   dell'art. 590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1,  comma  2,  della legge 23 marzo 2016,  n.  41  (Introduzione  del  reato  di omicidio stradale  e  del  reato  di  lesioni  personali   stradali,   nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile  1992, n. 285, e  al  decreto legislativo  28  agosto  2000,  n.  274),  in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e di equivalenza dell'attenuante speciale di cui all'art. 589-bis cod. pen.
1.1.- In punto di fatto il rimettente, che  riferisce  essere  in sede di giudizio abbreviato, premette che il  pubblico  ministero  ha chiesto il rinvio a giudizio dell'imputato per i reati  di  cui  agli artt. 589-bis, secondo e ottavo comma, cod.  pen.  e  186,  comma  2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile  1992,  n.  285  (Nuovo codice della strada) e  che  all'udienza  del  28  febbraio  2017  il difensore dell'imputato ha sollevato  l'eccezione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen. In particolare, il rimettente riferisce che l'imputato  e'  stato tratto  a  giudizio  per  i  suddetti   reati   per   avere   guidato un'autovettura  in  stato  di  ebbrezza  e per  avere tamponato  un autocarro, in tal modo  provocando  la  morte  di  uno  dei  soggetti trasportati su quest'ultimo mezzo, nonche' il ferimento di  un  altro trasportato  e  del  guidatore  dello  stesso  (fatto  avvenuto  dopo l'entrata in vigore della legge n. 41 del 2016). Rileva, inoltre, che dagli atti emergono diversi elementi  che,  all'esito  del  giudizio abbreviato potrebbero comportare  l'attribuzione  di  responsabilita' concorrenti  con  quelle  dell'imputato,  atteso  che  il guidatore dell'autocarro tamponato era a sua volta sotto l'effetto di  sostanze stupefacenti del tipo cocaina, sicche' anche la sua condotta di guida potrebbe avere risentito di tale stato contribuendo al sinistro;  che il trasportato deceduto non indossava la cintura di sicurezza; che il tratto  di  strada  su  cui  e'  avvenuto  il sinistro presentava illuminazione non funzionante.
L'accertamento di uno o piu'  di  queste  concause  del  sinistro comporterebbe l'applicazione  della  circostanza  attenuante  di  cui all'art.  589-bis,  settimo  comma, cod.   pen.   con   conseguente diminuzione della pena fino  alla  meta'.  Tale  diminuente  potrebbe pero' operare solo sulla quantita' di pena determinata ai sensi della circostanza aggravante di cui all'art. 589-bis, secondo  comma,  cod. pen., poiche' l'art. 590-quater cod. pen. impedisce il  bilanciamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti per il reato  di  omicidio stradale. In  particolare,  il  rimettente  da'  atto  che  nel   capo   di imputazione e' stata contestata la  circostanza aggravante  di  aver guidato in stato di  ebbrezza  (art.  589-bis,  secondo  comma,  cod. pen.);  ricorre  poi  anche  l'aumento  di  pena  previsto  dell'art. 589-bis, ottavo comma, cod. pen., per aver provocato la morte di  una persona e lesioni personali ad altre due. Pertanto,  in  caso  di  condanna,  qualora  il  giudice  dovesse riconoscere la sussistenza della diminuente del concorso  di  colpa, dovrebbe essere applicato prima l'aumento di pena per l'aggravante  e soltanto dopo la diminuzione di pena per la  circostanza  attenuante, stante il predetto divieto di bilanciamento delle circostanze.
In punto di non manifesta infondatezza, il  rimettente  da'  atto che la norma introduce, per i reati  di  cui  agli  artt.  589-bis  e 590-bis cod. pen., una deroga alla disciplina generale prevista dagli artt. 63 e seguenti cod. pen. In tal modo - osserva il  rimettente  - e' stato esteso ai delitti di omicidio stradale e  lesioni  personali stradali il meccanismo  di  limitazione  della  discrezionalita'  del giudice penale nella valutazione degli aumenti  e  della  diminuzione della pena, gia' previsto in relazione ad altre ipotesi.
Al riguardo, il rimettente cita il divieto  di  prevalenza  delle circostanze attenuanti previsto dall'art. 69, quarto comma, cod. pen. a seguito della modifica introdotta dalla legge 5 dicembre  2005,  n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354, in materia di attenuanti  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio  di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione),  con  riferimento  alla  recidiva  reiterata  di   cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.
In ordine alla legittimita', in via generale, di tale divieto  il rimettente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui  le deroghe all'ordinaria disciplina del bilanciamento delle  circostanze non  devono   trasmodare   nella   manifesta   irragionevolezza;   in particolare, le sentenze n. 105 del 2014 e n. 251 del 2012 che hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale del divieto di  prevalenza delle circostanze attenuanti in particolari ipotesi.
Il rimettente osserva che, ricorrendo la  diminuente  di  cui  al settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen., la pena prevista dall'art. 589-bis, primo comma, cod. pen. (da due a sette  anni)  puo'  ridursi fino  al  minimo  di  un  anno  di  reclusione.  Ricorrendo,  invece, l'aggravante di cui al  secondo  comma  della  medesima disposizione (pena da otto a dodici anni di reclusione), la pena  minima  di  otto anni di reclusione potrebbe essere diminuita, ai  sensi  del  settimo comma dell'art. 589-bis  cod.  pen.  in  caso  di  riconoscimento  di concorso di colpa della parte offesa, a quattro anni di reclusione.
La' dove il divieto di bilanciamento delle  circostanze  previsto dalla disposizione censurata non operasse, potrebbe aversi,  in  caso di prevalenza della circostanza attenuante, la diminuzione fino  alla meta' sulla pena prevista per il  delitto  base  sicche'  dal  minimo edittale di due anni si scenderebbe a un anno di reclusione.
Il risultato complessivo e' che per effetto dell'art.  590-quater cod. pen. l'imputato subisce un aumento della cornice  edittale  pari al quadruplo.
Sottrarre  al  giudice  la  possibilita'  di  valutare  nel  caso concreto  la  prevalenza  della  diminuente  rispetto  all'aggravante contestata potrebbe comportare  un aumento  sproporzionato  di  pena anche nel caso di  percentuale  minima  di  colpa  dell'imputato;  ad esempio - osserva il giudice rimettente - in un  caso  in  cui fosse accertato nei confronti del soggetto che si sia posto alla  guida  in stato di ebbrezza alcoolica una colpa dell'evento mortale pari a  una percentuale dell'1 per cento e del 99 per cento in capo  al  soggetto rimasto ucciso la pena minima sara' pur sempre di quattro  anni,  non potendo in alcun modo essere valutata la circostanza che la colpa sia minima e quindi come prevalente  sulla  circostanza  della  guida  in stato di ebbrezza. In sostanza la pena subisce un aumento esorbitante e inevitabile solo per effetto dello  stato  di  ebbrezza  e  non  in relazione  all'effettivo  contributo  causale  della   condotta   del colpevole.  Il  legislatore attribuirebbe eccessiva  considerazione all'integrazione dell'aggravante dello stato di ebbrezza, senza tener conto che l'ipotesi di guida in stato di ebbrezza e' punita a  titolo contravvenzionale dall'art. 186 cod. strada. In sintesi, il divieto di  bilanciamento  delle  circostanze  del reato, previsto dalla disposizione censurata  (art.  590-quater cod. pen.),  ha  l'effetto  che  la  fattispecie  dell'omicidio   stradale aggravato dalla guida in stato di  ebbrezza  (art.  589-bis,  secondo comma, cod. pen.) risulta punita in  misura  sproporzionata  rispetto alla  fattispecie  di   omicidio   stradale   non   aggravato   cosi' compromettendo anche la finalita' rieducativa della pena.
1.2.- Nel presente giudizio di costituzionalita' si e' costituito l'imputato F.M. e, condividendo le argomentazioni  dell'ordinanza  di rimessione in punto di irragionevolezza della  cornice  edittale  del contestato reato, ha concluso per la dichiarazione di  illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
1.3.- Con atto depositato il 7 novembre 2017 e'  intervenuto  nel presente giudizio di legittimita' costituzionale  il  Presidente  del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato e  difeso   dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  di  dichiarare  le  questioni  non fondate, vertendosi in un settore in cui e' ampia la discrezionalita' del legislatore e in particolare in relazione a una condotta che  ben puo' prevedere un trattamento  sanzionatorio  particolarmente  severo trattandosi di soggetti che avendo gia' commesso un reato  (guida  in stato di ebbrezza) ne provocano un altro piu' grave.
2.- Il Tribunale ordinario di Torino, con ordinanza dell'8 giugno 2018 (r.o. n. 139 del 2018),  in  accoglimento  dell'eccezione  della difesa dell'imputata, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  27 Cost.,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  della   medesima disposizione (art. 590-quater cod. pen.), nella parte in cui  prevede il divieto di prevalenza e di  equivalenza  dell'attenuante  speciale contemplata dall'art. 590-bis, settimo comma, cod. pen. Inoltre, ha contestualmente sollevato, in riferimento all'art.  3 Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 222,  commi 2 e 3-ter, cod. strada, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016, nella parte  in  cui, in caso  di  omicidio  stradale  o  di  lesioni  personali  stradali, prevedono rispettivamente la  sanzione amministrativa  della  revoca della patente di guida e l'impossibilita'  di  conseguire  una  nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca.
2.1.-  Il  rimettente  da'  atto  che   procede   nei   confronti dell'imputata per il delitto  di  lesioni  personali  stradali  gravi (art. 590-bis cod. pen.), con il concorso dell'aggravante di  cui  al quinto  comma  di  tale  disposizione  e  la  diminuente  di  cui  al successivo settimo comma, perche', alla guida  dell'autovettura,  per negligenza, imprudenza, imperizia e violando le norme in  materia  di circolazione stradale, in particolare, non rispettando  l'indicazione luminosa del semaforo proiettante luce rossa per i veicoli, investiva un pedone che stava impegnando l'attraversamento pedonale, procurando a quest'ultimo «lesioni personali (fratture maxillo-facciali,  trauma cranico, frattura scapola) giudicate guaribili in  giorni  60  s.c.», con il concorso di colpa della  parte  offesa  che  a  propria  volta attraversava l'intersezione stradale con luce semaforica rossa per  i pedoni (fatto avvenuto dopo l'entrata in vigore della legge n. 41 del 2016).
Il giudice a quo osserva che, non potendo attribuire all'imputata un  grado  di  colpa  maggiore   di   quello   contenuto   nel   capo d'imputazione, necessariamente dovra' tener  conto  del  concorso  di colpa della persona offesa che ha attraversato la strada  allorquando il semaforo, proiettando la luce  rossa,  le  indicava l'obbligo  di fermarsi.
Pertanto,  l'applicazione  dell'attenuante  del   settimo   comma dell'art.  590-bis  cod.  pen.  rende  rilevanti  le   questioni   di legittimita'  costituzionale  dell'art.  590-quater  cod.  pen.   che impedisce di ritenere l'attenuante equivalente o prevalente  rispetto all'aggravante  -  contestata  nel  capo  d'imputazione  -  di  avere l'imputata,  alla  guida  della  propria  autovettura,   attraversato anch'essa l'incrocio  con  semaforo  proiettante  luce  rossa  per  i veicoli; aggravante prevista dal quinto comma, numero  2),  dell'art. 590-bis cod. pen. Di  conseguenza,  il  giudice  potrebbe  ridurre  la   pena   per l'attenuante del concorso di colpa esclusivamente fino  alla  meta' della pena prevista per il delitto  aggravato  ai  sensi  del  quinto comma dell'art. 590-bis cod. pen. (pena prevista: da un  anno  e  sei mesi a tre anni) e dunque fino al minimo di mesi nove di  reclusione. Se invece fosse possibile  il  bilanciamento,  in  caso  di  ritenuta equivalenza delle circostanze la pena minima potrebbe  essere  quella di  mesi  tre   di   reclusione   e,   in   ipotesi   di   prevalenza dell'attenuante, la pena minima potrebbe essere quella di mesi uno  e giorni quindici di reclusione.
Il giudice  a  quo,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza, richiama la suddetta ordinanza del Giudice  dell'udienza  preliminare del  Tribunale  ordinario  di  Roma e  le  argomentazioni  in   essa contenute.
In particolare, rileva che questa Corte si e' gia'  espressa  nel senso della illegittimita'  di  una  disposizione  analoga  a  quella censurata,  affermando  che  le deroghe   al   bilanciamento   delle circostanze possono  essere  ritenute  costituzionalmente  legittime, purche'   non   trasmodino   nella   manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio e se non  determinano  un'alterazione  degli  equilibri costituzionalmente  imposti  nella  struttura  della  responsabilita' penale (sentenza n. 251 del 2012).
Secondo il rimettente, per effetto del divieto  di  cui  all'art. 590-quater cod. pen., si ha un indiscriminato incremento del  minimo, pari a sei volte, ed e' impedito al giudice di  parametrare  la  pena all'effettivo grado di colpa dell'imputato in rapporto a quella degli altri soggetti che hanno concorso a causare l'evento.
Tale  limitazione  della  discrezionalita'  del   giudice   nella valutazione del fatto e' arbitraria e  irragionevole,  in  quanto  si tratta  di  una  pena  eccessiva  che  lede anche  il  principio  di rieducazione  del  colpevole,  perche'  non  proporzionata  al  reale disvalore della condotta punita.
2.2.- Inoltre, il giudice  rimettente  rileva  che,  in  caso  di condanna dell'imputata, sara'  chiamato  a  fare  applicazione  della sanzione amministrativa prevista dall'art. 222 cod. strada disponendo la revoca della patente di guida. Il comma 2 di tale  disposizione,  nella  versione  precedente  a quella attualmente in vigore, graduava  i  tempi  della  sospensione della patente in funzione dei danni cagionati alla persona offesa. La revoca della patente era prevista per l'ipotesi di lesioni causate da soggetti che avevano guidato in stato di alterazione  psicofisica  da ebbrezza alcoolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
A seguito della modifica apportata dalla legge n.  41  del  2016, alla condanna, o all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati  di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen. consegue in ogni  caso  la revoca della patente di guida,  anche  nel  caso  in  cui  sia  stata
concessa la sospensione condizionale della pena. Sempre la legge n. 41 del 2016 ha introdotto  altresi'  il  comma 2-ter nell'art. 222 cod. strada in forza del quale l'interessato  non puo' poi conseguire una  nuova  patente  di  guida  prima  che  siano decorsi cinque anni dalla revoca; tale  termine  e'  raddoppiato  nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza  condannato  per  i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis,  ovvero di cui all'art. 187, commi l e 1-bis,  cod. strada.  Il  termine  e' ulteriormente  aumentato  sino  a  dodici  anni  nel  caso   in   cui l'interessato non abbia ottemperato agli  obblighi  di  cui  all'art. 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. Secondo  il  giudice  rimettente  vi  e'  un  primo  profilo   di irragionevolezza: la contraddittoria contemporanea  previsione  della sospensione e della revoca della  patente.  Inoltre,  la  scelta  del legislatore travalicherebbe i  limiti  della  ragionevolezza  perche' sottopone, senza possibilita' di' graduazione, alla medesima sanzione accessoria  situazioni  la  cui  ontologica  diversita'   e'   invece attestata dalla  notevole  differenziazione  delle  sanzioni  penali, graduate in funzione di un diverso disvalore sociale. L'art. 222, comma 2, cod. strada non  lascia  al  giudice  alcuna possibilita' di commisurare la sanzione accessoria alla gravita'  del danno, alle modalita' della condotta, all'intensita' della colpa e al concorso di altri fattori (quali, ad esempio, il  concorso  di  colpa della persona offesa).
Il legislatore, pur avendo differenziato sul piano della sanzione penale le fattispecie delle lesioni colpose (art. 590-bis cod.  pen.) e dell'omicidio colposo (art. 589-bis cod. pen.)  secondo  specifiche violazioni del codice della strada e pur avendo attribuito un diverso disvalore alle condotte dettagliatamente descritte  come circostanze aggravanti, non ha poi trasposto tale distinzione nell'art. 222  cod. strada laddove ha disciplinato in modo uniforme e indifferenziato  la sanzione amministrativa accessoria  della  revoca  della  patente  di guida.
Anche in relazione al perseguimento di  finalita'  preventive  il legislatore non puo' travalicare i limiti della ragionevolezza  senza incorrere in censure di incostituzionalita'.
2.3.- Con  atto  depositato  in  data  25  ottobre  2018,  si  e'costituita l'imputata M. V.  che,  rappresentata  dal  difensore,  ha aderito  alle  argomentazioni  svolte nell'ordinanza  di  rimessione chiedendo la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  delle disposizioni censurate.
2.4.- Con atto depositato il 30 ottobre 2018  e'  intervenuto  il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo  la  non  fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale.
In  particolare,  con  riferimento  all'art.  222  cod.   strada, l'Avvocatura osserva  che  l'obbligatorieta'  dell'irrogazione  della sanzione amministrativa della revoca della  patente  di  guida,  con chiara e spiccata finalita' preventiva e non repressiva, in ogni caso di  omicidio  stradale  o  di  lesioni  personali  stradali  gravi  o gravissime, deriva da una scelta rientrante nei limiti dell'esercizio ragionevole del potere legislativo.

Considerato in diritto

1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017),  ha sollevato  questioni   di legittimita'   costituzionale   dell'art. 590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1,  comma  2,  della legge 23 marzo 2016,  n.  41  (Introduzione  del  reato  di omicidio stradale  e  del  reato  di  lesioni  personali   stradali,   nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile  1992, n. 285, e  al  decreto legislativo  28  agosto  2000,  n.  274),  in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione, nella parte in cui  prevede,  in  caso  di  omicidio stradale  (art. 589-bis cod.  pen.),  il  divieto  di  prevalenza  e  di  equivalenza dell'attenuante speciale di cui  al  settimo  comma  di  tale  ultima disposizione, secondo  cui  «qualora  l'evento  non  sia   esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del  colpevole  la  pena  e' diminuita fino alla meta'».
Secondo il giudice rimettente la norma censurata  violerebbe  gli artt. 3, 25, secondo comma,  e  27  Cost.,  in  quanto  determina  un trattamento sanzionatorio di per se' irragionevole  e  sproporzionato dal momento che il giudice - non potendo procedere ad un giudizio  di prevalenza o di equivalenza della circostanza attenuante  di cui  al settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen. - deve applicare  una  pena minima  di  otto  anni  sulla  quale  operare  la   riduzione   della circostanza attenuante, cosi' da dover comminare la  pena  minima  di quattro anni di reclusione, mentre, se tale divieto  non  operasse  e l'attenuante fosse ritenuta  prevalente sull'aggravante  di  cui  al secondo comma dell'art. 589-bis cod. pen. (guida in stato di ebbrezza alcoolica),  potrebbe  irrogare  la  pena  minima  di  un   anno   di reclusione.
Inoltre, sottraendo al giudice la possibilita' di  verificare  in concreto la prevalenza della circostanza attenuante di  cui  all'art. 589-bis, settimo  comma,  cod.  pen., sulle  circostanze  aggravanti contestate, il divieto di bilanciamento previsto  dalla  disposizione censurata comporta uno sproporzionato aumento di pena anche nel caso in cui si accerti che la condotta di colui che si e' posto alla guida di un veicolo a motore abbia contribuito causalmente  al  verificarsi dell'evento letale in una percentuale minima, anche dell'1 per cento, rispetto alla condotta del soggetto rimasto ucciso. Osserva ulteriormente il giudice rimettente  che,  non  essendovi alcuna sostanziale differenza tra l'ipotesi  «speciale»  di  omicidio stradale di cui all'art. 589-bis  cod.  pen.  e  le  altre  forme  di omicidio colposo sanzionate dall'art. 589 cod. pen. (in caso di colpa medica o di  infortunio  sul  lavoro),  non  risponde  a  equita'  un trattamento sanzionatorio che consente solo nell'ipotesi di  omicidio colposo  non  stradale   aggravato,   attraverso   il   giudizio   di bilanciamento delle circostanze, l'irrogazione di una pena minima  di sei  mesi,  mentre  per  l'omicidio stradale  aggravato,  ricorrendo l'attenuante  suddetta,  la  pena  minima  e'  di  quattro  anni   di reclusione.
Altresi', il trattamento sanzionatorio che consegue al divieto di equivalenza e di  prevalenza  della  circostanza  attenuante  di  cui all'art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. si porrebbe  in  contrasto anche con il principio di necessaria finalizzazione rieducativa della pena, trattandosi di pena percepita come ingiusta dal reo.
2.- Il Tribunale ordinario di Torino, con ordinanza dell'8 giugno 2018 (r.o. n. 139 del 2018), ha sollevato questioni  di  legittimita' costituzionale del medesimo art. 590-quater cod. pen.,  negli  stessi termini, denunciando la sospetta violazione degli artt. 3 e 27 Cost., in quanto il divieto di prevalenza o di equivalenza della circostanza
attenuante di cui al settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen.  e  il conseguente obbligo di riconoscere la  diminuzione  solo  sulla  pena aggravata, comportano che al soggetto al  quale  sia  contestata  una delle aggravanti di cui  all'art.  590-bis  cod.  pen.,  in  caso  di lesioni personali stradali gravi, debba  essere  applicata  una pena minima che, ove sia riconosciuto il concorso  di  colpa  della  parte offesa, e' di nove  mesi  di  reclusione  (un  anno  e  mesi  sei  di reclusione, ridotti della meta'), mentre la' dove fosse possibile  il bilanciamento e segnatamente la prevalenza dell'attenuante,  la  pena minima irrogabile sarebbe  pari  a  un  mese  e quindici  giorni  di reclusione (tre mesi  di  reclusione,  ridotti  della  meta'),  cosi' determinando  un  trattamento  sanzionatorio   irragionevole   e   in contrasto con la finalita' rieducativa della pena.
Ritiene il  giudice  rimettente  che  la  disposizione  censurata assoggetta a sanzione  eccessiva  chi  e'  ritenuto  responsabile  di lesioni stradali con colpa minima, aggravate (come nella  specie)  ai sensi del quinto comma dell'art. 590-bis cod.  pen.  (attraversamento di un'intersezione stradale con il semaforo disposto al rosso) e, nel complesso, impedisce al giudice di parametrare la pena  all'effettivo grado di  colpa  dell'imputato  in  rapporto  a  quella  degli  altri soggetti che hanno concorso a causare l'evento.
2.1.- Inoltre, lo stesso Tribunale ordinario  di  Torino  ritiene che l'art. 222, commi 2 e 3-ter, del decreto  legislativo  30  aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - come modificato, dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016  - nella parte in cui prevede, in caso  di  condanna  per  il  reato di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime, rispettivamente  la  revoca  della  patente  di  guida  (comma  2)  e l'impossibilita' di conseguire una nuova patente di guida  prima  che siano decorsi cinque anni dalla revoca (comma 3-ter),  contrasti  con l'art. 3 Cost. sotto il profilo  della  violazione  dei  principi di proporzionalita', ragionevolezza e uguaglianza, in quanto sottopone - senza  possibilita'  di  commisurare   la   sanzione   amministrativa accessoria alla gravita' del danno, alle  modalita'  della  condotta, all'intensita' della colpa e al concorso  di  altri  fattori  -  alla medesima sanzione accessoria della revoca della  patente situazioni, la cui ontologica diversita' emerge dalla  notevole  differenziazione delle sanzioni penali, graduate in  funzione  del  diverso  disvalore sociale, ponendo sullo stesso piano tutte le ipotesi di lesioni gravi o gravissime (art. 590-bis cod. pen.) e di  omicidio  stradale  (art. 589-bis cod. pen.).
3.-  Le  due  ordinanze  di  rimessione  pongono   questioni   di costituzionalita' strettamente connesse e pertanto i relativi giudizi incidentali possono essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia.
4.- La questione avente ad oggetto l'art. 222, comma 3-ter,  cod. strada,  sollevata  dal  solo  Tribunale  ordinario  di  Torino,   e' inammissibile per difetto di rilevanza.
La disposizione censurata prevede che, nel caso  di  applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida di  cui al quarto periodo del comma 2 del medesimo art. 222 per  i  reati  di cui  agli  artt.  589-bis,  primo  comma,  e   590-bis   cod.   pen., l'interessato non puo' conseguire una nuova patente  di  guida prima che  siano  decorsi  cinque  anni  dalla  revoca.  Tale  termine   e' raddoppiato nel caso in cui l'interessato  sia  stato  in  precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187, commi 1 e 1-bis, cod. strada. Il termine e' ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli  obblighi  di  cui  all'art. 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. Nel precedente  comma  3-bis  della  medesima disposizione,  non investito dalle censure  del  giudice  rimettente,  e'  prevista  una durata di quindici anni per poter conseguire una  nuova  patente  nel caso di condanna per i reati di cui all'art. 589-bis, secondo,  terzo e quarto comma, cod. pen., e di dieci anni nel caso di  condanna  per il reato di cui all'art. 589-bis, quinto comma, cod. pen. La disposizione censurata disciplina quindi,  con  riferimento  a plurime fattispecie, il conseguimento di una nuova patente  di  guida dopo l'applicazione  da  parte  del  giudice  penale  della  sanzione amministrativa della revoca della stessa in caso di condanna  per  il reato di omicidio stradale o di lesioni personali  stradali  gravi  o gravissime. Ma il conseguimento di una nuova patente di  guida,  dopo un periodo di tempo piu' o meno lungo, determinato per legge, non e' oggetto del giudizio a quo.
Il giudice non deve fare applicazione di  tale  disposizione.  In caso di pronuncia di condanna per il reato di omicidio stradale o  di lesioni personali stradali, gravi o gravissime, e' chiamato  solo  ad applicare - automaticamente e in ogni caso, per quanto si viene ora a dire - la sanzione amministrativa della revoca della patente. Ma  non determina il periodo di tempo necessario  per  conseguire  una  nuova patente di guida, che  e'  fissato  dalla  legge  e  che  rileva  nel procedimento amministrativo successivamente promosso dall'interessato per ottenere il provvedimento autorizzatorio.
In  sede  di  possibile   contestazione,   innanzi   al   giudice competente,   della   legittimita'   dell'eventuale    diniego    del provvedimento autorizzatorio perche' richiesto prima del decorso  del tempo previsto per legge, puo' aver ingresso la censura  di  sospetta illegittimita' costituzionale della norma che tale  presupposto pone fissando la durata del periodo  di  tempo  prima  del  quale  non  e' possibile il rilascio della nuova patente di guida.
5.- Le questioni aventi ad oggetto l'art. 590-quater  cod.  pen., sollevate dal GUP del Tribunale ordinario di  Roma  e  dal  Tribunale ordinario di Torino, sono invece ammissibili.
Oggetto dei due giudizi a quibus - il primo in sede  di  giudizio abbreviato innanzi al giudice dell'udienza preliminare, il secondo in sede  dibattimentale  nelle  forme del rito  ordinario  -   e'   la responsabilita'  penale  di  due   imputati,   accusati   dei   reati rispettivamente di omicidio stradale e di lesioni personali  stradali gravi, sicche' si pone per entrambi i giudici rimettenti il  problema di applicare la disposizione censurata. Per quantificare la pena i giudici rimettenti devono tener  conto del divieto - posto dalla  disposizione  censurata  (art.  590-quater cod. pen.) - di bilanciamento delle  circostanze  aggravanti  di  cui all'art. 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma,  cod. pen. - quanto all'omicidio stradale - e  all'art.  590-bis,  secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, cod. pen. - quanto alle lesioni personali  stradali  gravi  o  gravissime  -   con   le   concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt.  98  e 114 cod. pen. La disposizione censurata prevede che le attenuanti non possono  essere  ritenute  equivalenti  o  prevalenti  rispetto  alle aggravanti.
La prospettiva di  dover  fare  applicazione  della  disposizione censurata  e'  concreta,  avendo  entrambi   i   giudici   rimettenti identificato  la  circostanza aggravante   e   quella   attenuante, ricorrenti nel caso di specie, e per le quali  opera  il  divieto  di bilanciamento.
Il GUP del Tribunale ordinario di Roma, nel processo per omicidio stradale, deve tener conto dell'aggravante (ex art. 589-bis,  secondo comma, cod. pen.) della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre  la soglia di tasso alcolemico di cui all'art. 186, comma 2, lettera  c), cod. strada, e l'attenuante di cui al settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen. perche' l'evento, nella specie,  non  era  stato  esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole in  quanto  la parte offesa, all'interno del veicolo  tamponato,  era  anch'essa  in colpa non avendo indossato  la  cintura  di  sicurezza.  Inoltre,  il guidatore di tale veicolo era sotto l'effetto di stupefacenti  e nel tratto di strada dove era avvenuto il  sinistro  l'illuminazione  non era funzionante.
A sua volta il Tribunale ordinario di Torino,  nel  processo  per lesioni personali stradali gravi, deve  tener  conto  dell'aggravante del quinto comma dell'art. 590-bis cod. pen., contestata  in  ragione della violazione dell'indicazione luminosa del  semaforo  proiettante luce rossa per i veicoli, e l'attenuante  di  cui  al  settimo  comma
dell'art. 590-bis cod. pen. perche' l'evento non era stato  esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole in  quanto  la parte offesa, investita mentre attraversava la strada, era  anch'essa in colpa non avendo rispettato l'indicazione  luminosa  del  semaforo proiettante luce rossa per i pedoni.
Con queste puntuali indicazioni  entrambi  i  giudici  rimettenti hanno  soddisfatto  l'onere  motivazionale  della   rilevanza   delle sollevate  questioni  di  legittimita' costituzionale,  non  essendo necessaria  in  particolare   alcuna   ulteriore,   piu'   specifica, motivazione in ordine alla possibile colpevolezza degli imputati, che e' ancora sub iudice.
6.- Parimenti ammissibile e' la  questione  di  costituzionalita' sollevata dal Tribunale ordinario  di  Torino  e  avente  ad  oggetto l'art. 222, comma 2, cod. strada.
Essendo il giudice rimettente investito della  cognizione  di  un processo per il reato di lesioni personali stradali gravi, si ha che, in caso di condanna, consegue per l'imputato la revoca della  patente di guida in applicazione dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, che il giudice e'  chiamato  ad  applicare  per  irrogare la conseguente sanzione amministrativa. E' vero che tale disposizione prevede  che  e'  il  prefetto  che emette il provvedimento di revoca della patente e di inibizione alla guida sul  territorio  nazionale.  Ma  si  tratta  di  un  mero  atto amministrativo conseguenziale di esecuzione  dell'ordine  giudiziale; la   pronuncia   della   revoca della   patente,   quale   sanzione amministrativa  che  accede  alla  dichiarazione  di  responsabilita' penale per i reati  di  omicidio  stradale  e  di  lesioni  personali stradali gravi o gravissime, e' demandata al giudice,  come  previsto espressamente dal comma 1 dell'art. 222.
E' d'altra parte sufficiente, sotto il profilo  della  rilevanza, che il giudice rimettente abbia indicato  la  condotta  dell'imputato causativa dell'evento lesivo (investimento di un pedone) e  la  colpa addebitata a quest'ultimo (mancato rispetto del semaforo rosso). Cio' implica  un  plausibile  giudizio  prognostico   di   responsabilita' dell'imputato che rende  concreta  la  possibilita'  per  il  giudice rimettente di dover fare applicazione della disposizione censurata.
7.- Nel merito, vanno esaminate innanzi  tutto  le  questioni  di costituzionalita' dell'art. 590-quater cod. pen.
8.- Vanno premessi l'ambito e la portata del  contesto  normativo in cui si inserisce la disposizione censurata, che  prevede:  «Quando ricorrono le circostanze aggravanti di  cui  agli  articoli  589-bis, secondo, terzo, quarto,  quinto  e  sesto  comma,  589-ter,  590-bis, secondo,  terzo,  quarto,  quinto  e  sesto  comma,  e 590-ter,   le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste  dagli articoli  98  e  114,  non  possono  essere  ritenute  equivalenti  o prevalenti rispetto a queste  e  le  diminuzioni  si  operano  sulla quantita' di pena determinata ai  sensi  delle  predette  circostanze aggravanti».
Tale disposizione e' stata inserita dall'art. 1, comma  2,  della legge n. 41 del 2016, che ha  sostituito  l'originario  art.  590-bis cod. pen. con gli attuali articoli da 590-bis  a  590-quinquies  cod. pen., a decorrere dal 25 marzo 2016,  ai  sensi  di  quanto  disposto dall'art. 1, comma 8, della medesima legge. La disposizione denunciata assegna  alle  aggravanti  ad  effetto speciale dei due nuovi reati - omicidio stradale (art.  589-bis  cod. pen.) e lesioni personali stradali gravi o gravissime (art.  590-bis cod. pen.) - un regime  particolare:  l'esclusione  dal  giudizio  di comparazione tra circostanze previsto in generale dall'art.  69  cod. pen.
In vero nell'originaria formulazione dell'art. 69, quarto  comma, cod. pen. questo particolare regime di esclusione accomunava tutte le circostanze aggravanti (in realta', anche quelle attenuanti), per  le quali la legge stabiliva una pena di specie diversa o determinava  la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del  reato (cosiddette  circostanze  a  effetto  speciale).   Apparteneva   alla discrezionalita' del legislatore,  che  intendesse  dare  particolare rilievo ad una circostanza del reato, conformarla come circostanza ad effetto speciale. In tal caso non  si  sarebbe  posta  l'esigenza  di comparazione con le circostanze  attenuanti, che  avrebbero  operato dopo quelle ad effetto speciale.
Questa generale  fattispecie  di  esclusione  della  comparazione delle circostanze e' venuta meno nel 1974  (decreto-legge  11  aprile 1974 n. 99, recante «Provvedimenti urgenti sulla  giustizia  penale», convertito, con modificazioni, in legge 7 giugno 1974, n. 220) con la riformulazione del quarto comma dell'art. 69 cod. pen.  in  termini diametralmente opposti.  Si  prevedeva  infatti  che  il  regime  del bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti si applicasse anche a qualsiasi circostanza per la quale  la  legge  stabiliva  una pena di specie diversa o determinava la misura  della  pena  in  modo indipendente da quella ordinaria del reato.
Il legislatore pero' ben presto ha  sentito  la  necessita',  per alcune aggravanti solitamente  qualificate  come  "privilegiate",  di reintrodurre in  modo  mirato l'esclusione  della  comparazione  tra circostanze per perseguire una politica di piu' rigoroso contrasto di alcune condotte delittuose.
Un'ipotesi che e' venuta  all'esame  di  questa  Corte  e'  stata l'aggravante prevista dall'art. 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625 (Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e  della sicurezza  pubblica),  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  6 febbraio  1980,  n.  15,  per  i  reati  commessi  per  finalita' di terrorismo  o  di  eversione  dell'ordine   democratico,   e   quelle contemplate per il nuovo  reato  previsto  dall'art.  280  cod.  pen. (attentato per finalita' terroristiche  o  di  eversione).  Con  due pronunce quasi coeve (sentenze n. 38 e n. 194 del 1985) questa  Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'una e dell'altra  disposizione  accedendo  a  un'interpretazione adeguatrice secondo cui il  giudice  poteva  si'  tener  conto  delle attenuanti, ma solo dopo aver calcolato l'aggravamento di pena per la circostanza aggravante privilegiata (cio' che il  giudice  rimettente riteneva non fosse possibile fare). Ha  affermato questa  Corte  (sentenza  n.  38  del  1985)   che «[n]ell'art. 69 cod. pen., infatti, l'obbligatorieta' del giudizio di bilanciamento ha una sua razionalita' nell'essenza stessa  di  quella valutazione, che e' giudizio di valore  globale  del  fatto».  Ma  il legislatore puo' sospendere l'applicazione dell'art.  69  cod.  pen., togliendo  al giudice  il  potere  discrezionale   di   operare   il bilanciamento a compensazione  delle  aggravanti  o  a  favore  delle attenuanti in un'ottica di inasprimento sanzionatorio. Si  tratta  di una «grave limitazione» che in se' non e' illegittima,  ma  non  puo' accompagnarsi  anche  alla  irrilevanza  ex  lege  delle  circostanze attenuanti. Con questa limitazione, si  e'  quindi  riconosciuto  che appartiene alla discrezionalita' del legislatore introdurre  speciali ipotesi di circostanze aggravanti privilegiate che sono sottratte  al bilanciamento di cui all'art. 69 cod. pen.
In  seguito  numerose  sono  state  le   disposizioni   che,   in riferimento a particolari reati, hanno previsto  aggravanti  speciali sottratte alla comparazione dell'art. 69 cod.  pen.,  tra  le  quali spicca l'aggravante del metodo e dell'agevolazione  mafiosa  (art.  7 del decreto-legge 13 maggio  1991,  n.  152,  recante  «Provvedimenti
urgenti  in  tema  di  lotta  alla  criminalita'  organizzata  e   di trasparenza  e   buon   andamento   dell'attivita'   amministrativa», convertito, con modificazioni, in legge  12  luglio  1991,  n.  203). Questa clausola di esclusione della  comparazione  e'  oggi  prevista dall'art. 416-bis.1 cod. pen. (Circostanze  aggravanti  e attenuanti per  reati  connessi  ad  attivita'  mafiose)  -  articolo   inserito dall'art. 5, comma 1, lettera d), del decreto  legislativo  1º  marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di  attuazione  del  principio  di delega  della  riserva  di  codice  nella  materia  penale  a   norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103»  -  che  stabilisce,  al  secondo  comma,  che  le   circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli  artt.  98  e  114  cod. pen., concorrenti con  l'aggravante  di  cui  al  primo  comma  della medesima disposizione, non  possono  essere  ritenute  equivalenti  o prevalenti rispetto a questa e le  diminuzioni di  pena  si  operano sulla quantita' di  pena  risultante  dall'aumento  conseguente  alla predetta aggravante.
Il quarto comma dell'art.  69  cod.  pen.  e'  stato  in  seguito novellato  introducendo  un'eccezione  di   carattere   generale   al bilanciamento delle circostanze, ma solo come divieto  di  prevalenza delle attenuanti. L'art. 3, comma 1, della legge 5 dicembre 2005,  n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio  di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), ha cosi' riformulato il quarto comma dell'art. 69 cod. pen.: «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche  alle circostanze inerenti alla  persona  del  colpevole, esclusi  i  casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonche' dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui  vi  e'  divieto  di  prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute  circostanze  aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini  la misura  della  pena  in  modo indipendente da quella ordinaria del reato». Ancora piu' recentemente l'art.  5,  comma  1,  lettera  b),  del d.lgs. n. 21 del 2018 ha introdotto  l'art.  69-bis  cod.  pen.  che prevede per i delitti di cui  all'art.  407,  comma  2,  lettera  a), numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale un generale divieto di bilanciamento di circostanze aggravanti e attenuanti  nell'ipotesi in cui chi ha determinato altri  a  commettere  il  reato,  o  si  e' avvalso di altri nella commissione del delitto,  ne  e'  il  genitore esercente la responsabilita' genitoriale  ovvero  il  fratello  o  la sorella e che le diminuzioni di pena si operano  sulla quantita'  di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.
9.- In questo contesto normativo, che prevede plurime ipotesi  di divieto di bilanciamento tra circostanze aggravanti "privilegiate"  e circostanze attenuanti, si inserisce la  disposizione  censurata  che contempla analogo divieto con riferimento alle circostanze aggravanti di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, sia dell'art. 589-bis (omicidio stradale), sia dell'art. 590-bis (lesioni personali stradali gravi o gravissime) cod. pen. Tale divieto segna un marcato irrigidimento della disciplina  di contrasto  di  tali  condotte  lesive   del   bene   della   vita   e dell'integrita' fisica delle persone. Per lungo  tempo  l'omicidio  stradale  e  le  lesioni personali stradali  gravi  o   gravissime   hanno   costituito   solo   ipotesi circostanziate dei corrispondenti reati comuni. Gia' l'art. 1  della  legge  11  maggio  1966,  n. 296,  recante «Modifiche degli articoli  589  (omicidio  colposo)  e  590  (lesioni personali colpose) del codice penale»,  nel  riformulare  l'art.  589 cod.  pen.  (omicidio colposo),  prevedeva  il  fatto  commesso  con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione  stradale, limitandosi ad aumentare il minimo della pena dell'omicidio  colposo (da sei mesi di reclusione ad un anno).  E  parimenti  il  successivo art. 2 prevedeva  distintamente  la  condotta  di  lesioni  personali colpose gravi  e  gravissime  con  violazione  delle   norme   sulla disciplina della circolazione stradale.
Solo  nel  2006  (legge  21  febbraio  2006,  n.   102,   recante «Disposizioni  in  materia  di  conseguenze  derivanti  da  incidenti stradali») c'e' stato un primo deciso inasprimento delle pene con  la riformulazione del secondo comma dell'art. 589 cod. pen. e del  terzo comma dell'art. 590 cod. pen. In particolare, la pena per l'omicidio colposo per violazione delle norme  sulla  circolazione  stradale  e' stata elevata nel minimo (da uno a due anni  di  reclusione)  con  il limite massimo di cinque anni di reclusione.
E' seguito nel 2008 (decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza  pubblica»,  convertito,  con modificazioni, nella legge 24 luglio  2008,  n.  125)  un  ulteriore inasprimento delle pene e, soprattutto, e' stato  introdotto  per  la prima  volta  -  nell'art.  590-bis  cod.  pen.  -  il   divieto   di bilanciamento delle  circostanze  aggravanti  "privilegiate"  con  le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt.  98  e 114 cod. pen.
In particolare, vengono contemplate nuove  aggravanti  a  effetto speciale. Nel novellato art. 589 cod. pen. si prevede, nel  comma  3, che si applica la pena della reclusione da tre a  dieci  anni  se  il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla  disciplina  della circolazione stradale da soggetto in stato di  ebbrezza alcolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lettera c), cod. strada, o da  soggetto sotto  l'effetto  di  sostanze  stupefacenti  o  psicotrope.  Analoga aggravante viene introdotta nell'art. 590, comma  3,  cod.  pen.  nel caso di lesioni personali gravi o gravissime. Ma cio' che maggiormente rileva al fine del presente giudizio  di legittimita' costituzionale e' l'art. 590-bis cod. pen.  sul  computo delle circostanze dei due reati; disposizione questa che, anticipando negli stessi termini quella attualmente censurata,  gia' prevedeva:
«Quando ricorre la circostanza di cui all'articolo 589, terzo  comma, ovvero quella di cui all'articolo 590, terzo comma,  ultimo  periodo, le concorrenti circostanze attenuanti,  diverse  da  quelle  previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere  ritenute  equivalenti  o prevalenti rispetto a  queste  e  le  diminuzioni  si  operano sulla quantita' di pena determinata ai  sensi  delle  predette  circostanze aggravanti».
In seguito, l'allarme sociale suscitato dal  ricorrente  fenomeno delle "vittime della strada" - alcune migliaia di morti  sull'asfalto ogni anno e ancor di piu' feriti in modo grave  o  gravissimo  -  ha indotto il legislatore, con la legge n. 41 del 2016, a fare un  salto di livello nell'azione di contrasto di condotte gravemente  colpevoli
nella guida di veicoli a motore. Si abbandona la fattispecie del mero reato  circostanziato  e  si introducono due nuovi reati speciali - omicidio  stradale  e  lesioni
personali  stradali   gravi   o   gravissime   -   accompagnati,   in parallelismo,  da  plurime  aggravanti   "privilegiate"   in   quanto presidiate dalla clausola di esclusione  della  comparazione  con  le attenuanti (art. 590-quater cod. pen.), che  ripete,  con  un  ambito piu' ampio, l'analoga regola posta in  precedenza  dall'art. 590-bis cod. pen.
Al legislatore pero' non e' sfuggito che possono esserci condotte che, seppur legate con nesso di causalita'  all'evento  dannoso  (sia morte, sia lesioni gravi o gravissime),  possono  in  concreto  avere un'efficienza causale non esclusiva. Per moderare il notevole maggior rigore della risposta sanzionatoria il legislatore  ha introdotto  - nel settimo comma sia dell'art. 589-bis che  dell'art.  590-bis  cod. pen.  -  un'inedita  attenuante  ad  effetto   speciale   del   tutto particolare perche' attiene all'efficienza causale e che  vale  -  in via eccezionale - a  derogare  al  principio  dell'equivalenza  delle concause (art. 41 cod. pen.).
Si tratta di un'attenuante  tutt'affatto  speciale  nel  panorama delle circostanze del reato proprio  perche'  afferisce  al  rapporto causale retto dal generale  principio dell'equivalenza  delle  cause (art. 41 cod. pen.), che vuole che il concorso di cause  preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche  se  indipendenti  dall'azione  od
omissione del colpevole, non esclude il rapporto  di  causalita'  fra l'azione od omissione e l'evento; e cio'  e'  vero  anche  quando  la causa preesistente o simultanea o  sopravvenuta  consiste  nel  fatto illecito altrui.
Nei reati puniti a titolo di  colpa  l'eventuale  concorso  della colpa della parte offesa non  solo  non  esclude  ne'  interrompe  il  rapporto di causalita', ma neppure vale come circostanza  attenuante, bensi' puo' essere tenuta in conto  dal  giudice,  sotto  il  profilo della modalita' della condotta del colpevole, nella graduazione della pena  ai  sensi  dell'art.  133  cod.   pen.   Costituisce,   invece, circostanza attenuante comune solo l'essere  concorso  a  determinare l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il  fatto doloso della persona offesa (art. 62, primo  comma,  numero  5,  cod. pen.); cio' che e' ben diverso dal concorso del fatto  colposo della parte offesa che invece - sia  detto  incidentalmente  -  rileva  sul piano civilistico del risarcimento del danno (artt. 2056 e  1227  del codice civile). Solo in caso di cooperazione colposa (art.  113  cod. pen.) puo' venire in rilievo la «minima importanza» dell'apporto  del concorrente come circostanza attenuante (ex art. 114 cod. pen.),  la quale - in caso di omicidio stradale o di lesioni personali  stradali - e' espressamente sottratta al  divieto  di  bilanciamento  previsto dall'art. 590-quater cod. pen. Il legislatore del 2016, nel creare due reati  colposi  di  nuovo conio (artt. 589-bis e 590-bis cod.  pen.),  che  in  precedenza  per lungo tempo avevano costituito invece reati  comuni  aggravati  dalla violazione  delle  norme   sulla   circolazione   stradale,   li   ha accompagnati con la contestuale introduzione di questa attenuante che non solo e' a effetto speciale, ma ha anche un contenuto marcatamente diverso  da  quello  delle  circostanze  attenuanti  comuni.  Il  suo presupposto e'  dato  dal  carattere  non  esclusivo  dell'efficienza causale della condotta  dell'imputato;  circostanza  che  ricade  nel divieto  di  bilanciamento   posto   dalla disposizione   censurata diversamente dalla circostanza  attenuante  dell'apporto  di  «minima importanza» del concorrente nella cooperazione colposa.
10.- Cio' premesso, quanto all'ambito e alla portata del  divieto di  bilanciamento  delle  circostanze  del  reato,   previsto   dalla disposizione oggetto di scrutinio, e' poi preliminare  all'esame  del merito delle censure  prospettate  dai  giudici  rimettenti  l'esatta delimitazione - nel contesto del quadro normativo di riferimento come
sopra sommariamente descritto -  del  perimetro  delle  questioni  di costituzionalita'. Pur censurando entrambi la speciale preclusione del bilanciamento delle circostanze privilegiate sia nell'omicidio stradale  che  nelle lesioni  personali  stradali  gravi  o   gravissime,   recata   dalla disposizione oggetto di scrutinio, essi  non pongono  in  dubbio  la legittimita' della scelta del legislatore del 2016 di assegnare  alle circostanze aggravanti a effetto speciale, sia dell'art. 589-bis  sia dell'art. 590-bis cod. pen., il  particolare  regime,  certamente  di rigore, previsto dall'art. 590-quater cod. pen. che replica la stessa disciplina    derogatoria    dell'ordinario bilanciamento    delle circostanze, anche a effetto speciale, ai  sensi  dell'art.  69  cod. pen., gia' prevista dal previgente art. 590-bis. Nessuna questione di costituzionalita' e' attualmente  posta  con tale ampiezza con riferimento all'art. 590-quater  cod.  pen.,  cosi' come in passato nessuna questione e' stata sollevata con riferimento al simmetrico art. 590-bis cod. pen. nel testo precedente la legge n. 41 del 2016. Entrambi i giudici rimettenti sollevano invece una  questione  di costituzionalita' piu' specifica che puo' porsi solo con  riferimento al riformulato quadro normativo a  seguito  della  riforma  del  2016 perche' il  divieto  di bilanciamento  e'  censurato  unicamente  in riferimento all'attenuante  a  effetto  speciale  del  settimo  comma dell'art. 589-bis e del simmetrico (e di identico contenuto)  settimo comma dell'art.  590-bis  cod.  pen.:  la  circostanza  -  ignota  al richiamato quadro normativo prima della riforma del  2016  -  che  ha come presupposto  essere  la  condotta  dell'imputato  la  causa  non esclusiva dell'evento.
Il divieto di bilanciamento e' poi censurato, rispettivamente,  a due aggravanti specifiche: per l'omicidio stradale,  l'aggravante  di cui al secondo comma dell'art. 589-bis cod. pen. (guida in  stato  di ebbrezza alcoolica); per le lesioni personali stradali,  l'aggravante di cui al quinto  comma,  numero  2),  dell'art.  590-bis  cod.  pen. (attraversamento  di  un'intersezione  stradale  quando  il  semaforo proietta luce rossa per i veicoli). Questa  limitazione  delle  questioni  di  costituzionalita'   e'
peraltro pienamente aderente all'oggetto dei giudizi a quibus perche' - come si e' gia' posto in rilievo - entrambi i giudici rimettenti si confrontano con due reati colposi in cui, ricorrendo il  concorso  di colpa della parte offesa, la  condotta  dell'imputato  appare  essere causa non esclusiva dell'evento. Nella fattispecie delle  lesioni personali  stradali,  aggravate dall'inosservanza dell'indicazione semaforica, il Tribunale ordinario di Torino riferisce che il pedone  investito  aveva  attraversato  la
strada nonostante il semaforo proiettasse luce rossa per i pedoni.
Nella fattispecie dell'omicidio stradale, aggravato  dalla  guida in stato di ebbrezza alcolica, il GUP del Tribunale ordinario di Roma riferisce che la parte offesa non indossava la cintura di  sicurezza. Aggiunge poi, in termini assolutamente generici, che  l'illuminazione pubblica non era funzionante e che il guidatore del veicolo tamponato era sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Peraltro, in vero, il GUP, in via meramente argomentativa, rileva che l'efficienza causale non esclusiva della condotta  dell'imputato potrebbe essere anche di «minima importanza» perche' ipotizza che «si accerti un grado di colpa pari all'1% in capo  all'imputato  (poiche'
per il restante 99% la colpa e' dell'altro conducente rimasto  ucciso nel sinistro)». Ma lo stesso GUP ritiene che non sia questo  il  caso di  specie  perche'  neppure ipotizza  che   la   condotta   colposa dell'imputato  (essersi  posto  alla  guida  in  stato  di   ebbrezza alcoolica) abbia avuto - o possa  aver  avuto  -  una  cosi' ridotta efficienza causale. Ne' tanto meno  fa  alcuna  comparazione  con  il trattamento del concorrente nella cooperazione colposa (art. 113 cod. pen.) il cui apporto, in termini di efficienza causale, sia stato  di «minima importanza» (art. 114 cod.  pen.);  fattispecie  questa  che, rilevando come circostanza attenuante, e' espressamente  esclusa  dal divieto  di  bilanciamento  previsto  dalla  disposizione  censurata.
Sicche', l'ipotesi estrema della condotta del colpevole  che  risulti essere di «minima importanza» rispetto al  concorso  di  colpa  della parte offesa e all'eventuale concorso di altre cause dell'evento, non appartiene in realta' alle sollevate questioni di  costituzionalita'; ne' potrebbe esserlo per difetto di rilevanza. Pertanto, le due fattispecie  all'esame  dei  giudici  rimettenti sono sovrapponibili in quanto accomunate dal fatto  che  in  entrambe ricorre la  circostanza  attenuante  dell'efficacia (meramente)  non esclusiva della condotta dell'imputato perche' a determinare l'evento ha  concorso  anche  il  comportamento  colposo  della  parte  offesa (settimo comma sia dell'art.  589-bis,  sia  dell'art.  590-bis  cod. pen.); circostanza che, in applicazione della disposizione censurata, non puo' essere bilanciata rispettivamente con  l'aggravante  della guida in stato di ebbrezza  (secondo  comma  dell'art.  589-bis  cod. pen.) e con l'aggravante dell'attraversamento di un'intersezione  con il semaforo rosso (quinto comma, numero  2,  dell'art.  590-bis  cod. pen.).
Solo con riferimento a tale  speciale  circostanza  attenuante  - nella misura in  cui  questa  sussiste  in  ragione  di  un  generico concorso di colpa della parte offesa (o anche di altre concause), che rende "non esclusivo" l'apporto causale della condotta  dell'imputato - sono poste le questioni di legittimita' costituzionale.
11.-  Tutto  cio'  premesso,   le   questioni   di   legittimita' costituzionale dell'art. 590-bis cod. pen. non sono fondate.
12.- Non vi e' dubbio che la legge n. 41 del 2016, al culmine del (sopra descritto) progressivo sviluppo normativo lungo la  direttrice costante del sempre piu' incisivo contrasto delle condotte gravemente colpose nella  conduzione  di  veicoli  a  motore,  che  maggiormente pongono a rischio la vita e l'integrita'  fisica  delle  persone, ha inasprito la risposta sanzionatoria in termini  di  pene  irrogabili, soprattutto nel minimo.
Quanto all'omicidio stradale, oggetto del giudizio a quo  innanzi al GUP del Tribunale ordinario di Roma, per  l'aggravante  a  effetto speciale in questione, contestata all'imputato per  aver  guidato  in stato di ebbrezza alcolica  (secondo  comma  dell'art.  589-bis  cod. pen.), e' prevista una pena della reclusione da otto a dodici anni.
L'aggravamento sanzionatorio  rispetto  al  regime  previgente  - quello introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2008, come  convertito, in vigore fino alla legge n. 41 del 2016 - e' marcato perche' la pena prima prevista per la medesima condotta era quella  della  reclusione da tre a dieci anni.
Pero' nel regime vigente - e non anche in quello precedente -  il carattere  non  esclusivo  dell'efficienza  causale  della   condotta dell'imputato comporta (ex art. 589-bis, settimo  comma,  cod.  pen.) una diminuzione di pena fino alla meta' e quindi il minimo della pena puo' ridursi fino a quattro anni.
La stessa condotta - omicidio stradale  con  guida  in  stato  di ebbrezza alcolica - che prima era sanzionata con una pena  minima  di tre anni di reclusione, dopo la legge n. 41 del 2016 lo  e'  con  una pena minima di quattro anni di reclusione ove ricorra, in ipotesi, il concorso di colpa della parte offesa e, quindi, l'efficienza causale della condotta dell'imputato non abbia carattere esclusivo.  Infatti,  ove ricorra l'attenuante in esame, la  diminuzione  fino  alla  meta' puo' essere operata, per effetto della preclusione  di  cui  all'art. 590-quater cod. pen., solo sulla pena  prevista  per  la  fattispecie aggravata.
Quanto alle lesioni stradali gravi - oggetto del giudizio  a  quo innanzi al Tribunale ordinario di Torino - e' ora  prevista  la  pena della reclusione da un anno e  sei mesi  a  tre  anni,  ove  ricorra l'aggravante di cui al quinto comma,  numero  2),  dell'art.  590-bis cod. pen., stante l'attraversamento di un'intersezione  stradale  con il semaforo disposto al rosso per i veicoli. Ricorrendo  l'attenuante del settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen. la  pena,  per  effetto della preclusione  censurata,  e' diminuita  fino  a  nove  mesi  di reclusione.
Si tratta di sanzioni indubbiamente severe perche' nelle  ipotesi attenuate  all'esame  dei  giudici  rimettenti  la  pena  minima  per l'omicidio e' di quattro anni di reclusione e quella  minima  per  le lesioni gravi e' di nove mesi di reclusione.
Esse   rientrano,   pero',   nell'ambito    dell'esercizio    non irragionevole della discrezionalita' del legislatore che ha ritenuto, secondo una non sindacabile opzione politica in  materia  penale,  di contrastare  in  modo  piu'  energico  condotte   gravemente   lesive dell'incolumita' delle persone, che negli ultimi  anni  hanno  creato diffuso allarme sociale. Ha affermato questa Corte (sentenza n.  179  del  2017)  che  dal principio di legalita' sancito all'art. 25  Cost.  discende  che  «le scelte sulla misura della pena sono  affidate  alla  discrezionalita' politica del legislatore» sempre che il trattamento sanzionatorio sia proporzionato alla violazione commessa e non comprometta la finalita' di rieducazione del condannato. Con riferimento ad altra disposizione incriminatrice, pure «caratterizzata da un  consistente  inasprimento del trattamento sanzionatorio», la Corte ha ritenuto che a  essa  non appartengono «valutazioni discrezionali di  dosimetria  sanzionatoria penale,  di  esclusiva pertinenza  del  legislatore»  e  che   nella fattispecie non erano stati superati «i  limiti  costituzionali  alla previsione di risposte punitive rigide»,  tenuto  anche  conto della graduabilita' della pena tra il minimo e  il  massimo  che  offre  al giudice la possibilita' di renderla maggiormente  proporzionata  alla gravita' della condotta contestata (sentenza n. 233 del 2018).
Secondo  la  costante  giurisprudenza   di   questa   Corte,   le valutazioni   sulla   dosimetria   della   pena   appartengono   alla «rappresentanza  politica,  [...] attraverso  la  riserva  di  legge sancita nell'art. 25 Cost.»  (sentenza  n.  236  del  2016),  e  sono assoggettate al giudizio di legittimita' costituzionale solo a fronte di scelte palesemente arbitrarie del legislatore  che,  per  la  loro manifesta  irragionevolezza,  evidenzino  un   uso   distorto   della discrezionalita' a esso spettante (ex multis,  sentenze  n.  142  del 2017, n. 148 e n. 23 del 2016, n. 81  del  2014,  n.  394  del  2006;
ordinanze n. 249 e n. 71 del 2007, n. 169  e  n.  45  del  2006).  Da ultimo questa Corte (sentenza n. 40 del  2019)  ha  precisato  che  « fermo restando che non spetta alla Corte determinare autonomamente la misura della pena (sentenza n. 148 del 2016), l'ammissibilita'  delle questioni di legittimita'  costituzionale  che riguardano  l'entita' della punizione risulta condizionata  non  tanto  dalla  presenza  di un'unica  soluzione  costituzionalmente   obbligata,   quanto   dalla presenza nel sistema  di  previsioni  sanzionatorie  che,  trasposte all'interno della norma censurata, garantiscano coerenza alla  logica perseguita dal legislatore (sentenza n. 233 del 2018)».
13.- Solo in  caso  di  trattamenti  sanzionatori  manifestamente sproporzionati e di sperequazioni punitive di  particolare  gravita', questa Corte e' intervenuta a riequilibrare la risposta sanzionatoria dell'ordinamento.  Ma  cio'  e'  avvenuto  considerando  la  coerenza interna del regime sanzionatorio e l'offensivita' della condotta.
Proprio in tema di bilanciamento di circostanze questa  Corte  e' intervenuta piu' volte  a  riequilibrare  situazioni  sperequate  che vedevano condotte ritenute dal legislatore di minore offensivita', le quali in ragione del divieto di prevalenza di specifiche  circostanze attenuanti finivano per essere sanzionate in modo sproporzionato. In  passato  -  come  gia'  ricordato  -  e'  stata  ritenuta  la legittimita', in generale, della tecnica legislativa del  divieto  di prevalenza o equivalenza delle circostanze attenuanti  su  specifiche circostanze aggravanti in ragione di speciali esigenze  di  contrasto di condotte  particolarmente  lesive  dell'integrita'  delle persone (sentenze n. 194 e n. 38 del 1985).  E' vero  che  il  giudizio  di  bilanciamento  delle  circostanze consente al giudice di apprezzare meglio lo specifico disvalore della condotta  penalmente  sanzionata.  Ma  quando  ricorrono  particolari esigenze di protezione di beni costituzionalmente tutelati, quale  il diritto fondamentale e  personalissimo  alla  vita  e  all'integrita' fisica, ben puo' il legislatore dare un diverso ordine al gioco delle circostanze richiedendo che vada calcolato prima  l'aggravamento  di pena di particolari circostanze. Come gia' evidenziato  (sentenza  n. 251 del 2012), «[d]eroghe al bilanciamento  [...]  sono  possibili  e rientrano  nell'ambito  delle  scelte   del   legislatore»   e   sono sindacabili da questa Corte «soltanto ove trasmodino nella  manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio» (sentenza n. 68 del 2012). Questa «anomalia sanzionatoria» (sentenza n. 179 del 2017) si  e' verificata in ipotesi di particolari attenuanti  cui  il  legislatore stesso  ha assegnato  un  essenziale  ruolo  di  riequilibrio  della fattispecie penale.
Talvolta,  quando  il  reato   base,   in   ragione   della   sua formulazione, ha una portata ampia, il legislatore  ritaglia  ipotesi di minore gravita'. E' cio' che si  e' verificato  per  i  fatti  di "spaccio" di sostanze stupefacenti "di  lieve  entita'",  circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del  decreto  del  Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle  leggi  in materia di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope, prevenzione,  cura   e   riabilitazione dei   relativi   stati   di tossicodipendenza), prima della sua trasformazione in reato autonomo. La stessa tecnica legislativa ricorre per i fatti di ricettazione «di particolare tenuita'» (attenuante  prevista  dall'art.  648,  secondo comma, cod. pen.); per i fatti di minore gravita' di  abusi  sessuali riconducibili alla nozione di violenza sessuale (art. 609-bis,  terzo comma, cod. pen.); per i fatti di bancarotta fraudolenta,  bancarotta semplice e ricorso abusivo  al  credito  quando  hanno cagionato  un «danno patrimoniale di speciale tenuita'» (art. 219, terzo comma, del regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267,  recante  «Disciplina  del fallimento, del concordato    preventivo,    dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa»).
Con riferimento a queste particolari  circostanze  attenuanti  la Corte ha ritenuto che il divieto, applicato a esse, della  prevalenza di tutte le circostanze attenuanti sull'aggravante della recidiva  ex art. 99, quarto comma, cod. pen., divieto  introdotto  nell'art.  69, quarto comma, cod. pen., conducesse a sanzionare condotte  di minore offensivita' con pene non proporzionate. Ha, quindi,  dichiarato,  di volta  in  volta,  l'illegittimita'  costituzionale  di  tale  ultima disposizione nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza di ciascuna  di  tali  specifiche   attenuanti   in   comparazione   con l'aggravante privilegiata della recidiva reiterata (sentenze  n. 251 del 2012, n. 105  e  n.  106  del  2014,  e  n.  205  del  2017).  Il legislatore puo' schermare l'ordinario bilanciamento  di  circostanze del reato, secondo i criteri dell'art. 69 cod. pen., ma non  fino  al punto di sanzionare condotte di minore gravita'  con  pene  eccessive perche'  sproporzionate   rispetto   al   canone   della necessaria offensivita'.
Ma nella fattispecie in esame, l'attenuante ad  effetto  speciale che viene in  gioco  non  attiene  all'offensivita'.  Sia  l'omicidio stradale che le lesioni personali stradali, ove ricorra  l'attenuante di cui al settimo comma degli artt.  589-bis  e  590-bis  cod.  pen., offendono comunque, anche nell'ipotesi cosi' attenuata, il bene della vita e quello dell'integrita' personale.  L'attenuante  speciale  non identifica una fattispecie di minore offensivita', ma si colloca  sul piano del  tutto  distinto  dell'efficienza causale  dove  opera  il principio non gia' di proporzionalita', bensi' quello di  equivalenza delle concause dell'evento.
Maggiore, pertanto, e' la discrezionalita'  del  legislatore  nel dimensionare  l'incidenza  di   tale,   eccezionale   e   del   tutto particolare, attenuante nel calcolo della pena. E' vero che il minimo della pena per il reato base (due anni di reclusione  per  l'omicidio stradale comune) e' raddoppiato  (quattro  anni  di  reclusione)  ove
ricorrano a un tempo la suddetta  circostanza  aggravante  (guida  in stato di ebbrezza alcolica di cui al secondo comma dell'art.  589-bis cod.  pen.)  e  l'attenuante dell'efficacia  causale  non  esclusiva dell'azione o dell'omissione del colpevole di cui  al  settimo  comma dell'art. 589-bis cod. pen. (in  ragione  del  concorso  della colpa della parte offesa  o  di  altre  concause).  Ma  tale  differenziale sanzionatorio  puo'  dirsi  rientrare  nella   discrezionalita'   del legislatore, esercitata nel limite della non irragionevolezza. Il maggior rigore conseguente al divieto di bilanciamento di tale circostanza attenuante a effetto  speciale  trova  ragione  nel  piu' incisivo contrasto di condotte altamente pericolose e che da tempo  - come gia' rilevato - creano diffuso  allarme  sociale  per  il  grave pregiudizio che arrecano alla sicurezza stradale,  quale  appunto  la guida di veicoli  a  motore  in  stato  di  ebbrezza  alcolica  o  di alterazione  psico-fisica  conseguente  all'assunzione  di   sostanze stupefacenti o psicotrope.
Altresi', per il  reato  di  lesioni  personali  stradali  vi  e' analogo  -  in   vero   anche   piu'   accentuato   -   differenziale sanzionatorio. Ma anche in tal caso la condotta di chi, alla guida di un veicolo a  motore,  attraversa  un'intersezione  con  il  semaforo disposto al rosso, cosi' commettendo il reato  di  lesioni  personali stradali gravi, aggravate da tale circostanza cosiddetta privilegiata (come  nel  giudizio  pendente  innanzi  al  Tribunale  ordinario  di Torino), pone gravemente in pericolo l'incolumita' altrui e parimenti puo' dirsi non irragionevole l'esercizio della  discrezionalita'  del legislatore nell'escludere che  l'attenuante  in  esame  (quella del settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen.) possa essere valutata  dal giudice come equivalente o prevalente rispetto a tale aggravante.
14.- Ne' giova la  comparazione  che  fa  il  GUP  del  Tribunale ordinario di Roma con altre ipotesi di omicidio colposo. Il legislatore del 2016 - innovando rispetto ai precedenti (sopra richiamati) interventi normativi (del 1966, del 2006 e del 2008), che si erano mossi  nel  solco  del  reato  comune  di  omicidio  colposo introducendo  solo  specifiche  circostanze  aggravanti  -  ha   reso autonoma  la  fattispecie   penale   dell'omicidio   stradale.   Cio' costituisce  tipico  esercizio   di discrezionalita'   legislativa, espressione di una scelta politica in materia penale, in  ragione  di una diversa valutazione del rischio al  quale  sono  esposti  i  beni della vita e dell'incolumita' personale a causa di condotte giudicate particolarmente pericolose e quindi da contrastare  con  piu'  severe sanzioni.
La diversita' di fattispecie tra  omicidio  stradale  e  omicidio colposo  comune  costituisce  ragione  sufficiente  del   trattamento sanzionatorio differenziato.
Naturalmente  trovano  applicazione  ogni   possibile   ulteriore circostanza attenuante nonche' eventuali diminuenti per la scelta del rito, che valgono a ridurre ulteriormente  il  rigore  sanzionatorio insito nel divieto di  bilanciamento  delle  circostanze  aggravanti, quale previsto dalla disposizione censurata.
15.-   In   conclusione,   avendo   il   legislatore   introdotto un'attenuante a  effetto  speciale  legata  all'apporto  causale  del colpevole, non  e'  irragionevole  che, quando  la  valutazione  sia limitata all'alternativa dell'efficacia "esclusiva", o non esclusiva, della  condotta  del  colpevole,  l'attenuante   non   possa   essere bilanciata con le aggravanti "privilegiate" e segnatamente, quanto al reato di omicidio stradale (nel giudizio a quo  innanzi  al  GUP  del Tribunale ordinario di Roma), con  l'aggravante  di  cui  al  secondo comma dell'art. 589-bis cod.  pen.  per  aver  guidato  in  stato  di  ebbrezza alcolica oltre la soglia  di  cui  all'art.  186,  comma 2, lettera c), cod. strada, e, quanto  al  reato  di  lesioni  personali stradali gravi (nel giudizio a quo innanzi al Tribunale ordinario  di Torino),  con  l'aggravante  di  cui al  quinto  comma,  numero  2),
dell'art. 590-bis cod. pen.  per  aver  attraversato  un'intersezione stradale con il semaforo disposto al rosso. Rientra nella discrezionalita' del  legislatore,  esercitata non irragionevolmente, graduare l'effetto diminuente della pena di questa attenuante  a  effetto  speciale  in  riferimento   alle   menzionate aggravanti "privilegiate" allorche'  ricorra  un  generico  concorso della colpa della parte offesa o di altre concause  che  rendono  non esclusivo  l'apporto  causale  dell'azione   o dell'omissione   del colpevole.
16.-  Occorre  ora   passare   all'esame   della   questione   di legittimita' costituzionale dell'art.  222,  comma  2,  cod.  strada, sollevata solo dal Tribunale ordinario di Torino.
17.- Giova premettere che inizialmente il comma 2  dell'art.  222 cod. strada, quale introdotto dall'art. 1, comma 1,  della  legge  21 febbraio  2006,  n.  102 (Disposizioni  in  materia  di  conseguenze derivanti da incidenti stradali), prevedeva solo la sospensione della patente di  guida,  peraltro  secondo  una  ben  chiara progressione sanzionatoria:  quando  dal  fatto  derivava  una  lesione  personale colposa la sospensione della patente era da  quindici  giorni  a  tre mesi; se invece derivava  una  lesione  personale  colposa  grave  o gravissima la sospensione della patente era fino a due anni; nel caso di omicidio colposo la sospensione era fino a quattro anni.
Solo successivamente  la  revoca  della  patente,  come  sanzione amministrativa accessoria  alla  condanna  penale  per  il  reato  di omicidio  (comune)  colposo aggravato,  e'  stata   introdotta   dal decreto-legge n. 92 del 2008 che ha modificato il comma  2  dell'art. 222 cod. strada, aggiungendo un quarto periodo cosi' formulato:  «Se il fatto di cui al terzo periodo e' commesso da soggetto in stato  di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma  2,  lettera  c), ovvero  da soggetto  sotto  l'effetto  di  sostanze  stupefacenti  o psicotrope, il giudice applica la sanzione amministrativa  accessoria della revoca  della  patente».  Il  richiamo del  fatto  di  cui  al precedente terzo periodo comportava che tale sanzione  amministrativa conseguiva solo alla condanna per omicidio colposo.
La possibilita' di revoca della patente e' poi  stata  estesa  al reato di lesioni colpose (comuni) gravi e gravissime dalla  legge  29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza  stradale), che ha aggiunto il richiamo anche del secondo  periodo  del  medesimo comma 2, sempre e  solo  in  caso  di  guida  in  stato  di ebbrezza alcoolica (con tasso alcolemico superiore a quello previsto dall'art. 186, comma 2, lettera c, cod. strada) o sotto l'effetto  di  sostanze stupefacenti.
Da ultimo, con la legge n. 41 del 2016 il legislatore non solo ha introdotto due nuovi reati (omicidio  stradale  e  lesioni  personali stradali gravi o gravissime), elevando le pene con la  previsione  di plurime circostanze aggravanti "privilegiate" e aggravando il  regime sanzionatorio con il gia' esaminato divieto di bilanciamento  con  le circostanze attenuanti,  ma ha  modificato  anche  il  regime  delle sanzioni amministrative  accessorie,  dettando  una  disciplina  piu' rigorosa quanto  alla  revoca  della  patente  di  guida.  La  quale, peraltro, fuori dalle ipotesi  in  cui  ricorra  uno  dei  due  reati suddetti, e' anche contemplata, a determinate condizioni, dagli artt. 186, 186-bis e 187 cod. strada in caso  di  guida  sotto  l'influenza dell'alcool ovvero in stato di alterazione psico-fisica  per  uso  di sostanze stupefacenti.
Attualmente, la disposizione di cui  all'art.  222  cod.  strada, recante le sanzioni  amministrative  accessorie  all'accertamento  di reati, prevede, al comma 1, la regola di carattere generale per  cui, se da una violazione delle norme del  codice  della  strada  derivano danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le
sanzioni amministrative accessorie della sospensione o  della  revoca della patente.
Cio' che  pero'  rileva  maggiormente  e'  il  comma  2,  rimasto immutato nei primi tre periodi, che stabilisce che quando  dal  fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente  e' da quindici giorni a tre mesi, mentre se la lesione personale colposa e' grave o gravissima la sospensione della  patente  e' fino  a  due anni. Nel caso poi di omicidio  colposo  la  sospensione  e'  fino  a quattro anni. Il quarto periodo - come  appena  ricordato  -  e'  stato  invece riformulato dalla legge n. 41 del 2016, che ha previsto che  in  caso di condanna o di patteggiamento della pena per i  reati  di  omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime  consegue sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa la sospensione condizionale della pena. Ne e' risultato, nel complesso,  un  marcato  inasprimento  delle sanzioni accessorie atteso che la revoca della  patente  e'  prevista indistintamente per tutte le ipotesi di  reati  cosiddetti stradali, sia nel caso in cui ricorrono le fattispecie cosiddette semplici, sia nel caso in  cui  sussistono  le  fattispecie  aggravate,  mentre  la disciplina previgente delle sanzioni  amministrative  accessorie  era maggiormente graduata.
18.- Cio' premesso, la questione di  legittimita'  costituzionale dell'art. 222, comma 2,  cod.  strada  e'  fondata  nei  termini  che seguono.
19.- La disposizione censurata prevede la sanzione amministrativa della revoca della patente, estesa indistintamente a tutte le ipotesi - sia aggravate dalle circostanze "privilegiate", sia non aggravate - di  omicidio  stradale  e  di  lesioni  personali  stradali  gravi  o gravissime.
Si e' sopra esaminato  (paragrafi  n.  8  e  n.  9)  lo  sviluppo normativo che ha condotto da ultimo alla configurazione di due  nuove fattispecie di reato colposo (art. 589-bis e art. 590-bis cod. pen.), connotate  dalla  previsione  di   plurime   circostanze   aggravanti "privilegiate" con  un  differenziato  trattamento  sanzionatorio  di maggior rigore, nonche' dal divieto di bilanciamento tra  circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli  artt.  98  e  114  cod. pen., e quelle aggravanti a effetto speciale cosi' introdotte. L'aggravamento   della   risposta   sanzionatoria,   voluto   dal legislatore del 2016, e' quindi risultato articolato in piu' livelli. In perfetta simmetria le due  citate  disposizioni  prevedono  -  per l'omicidio stradale e per le lesioni personali stradali  -  l'ipotesi base del reato  colposo  (al  primo comma);  l'ipotesi  maggiormente aggravata della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre  una  certa soglia di tasso alcolemico o  sotto  l'effetto  di  stupefacenti  (ai commi  secondo  e  terzo);  nonche'  un'ipotesi  intermedia   perche' aggravata in misura minore (ai commi  quarto,  quinto  e  sesto),  ma comunque con una pena aumentata rispetto all'ipotesi base.
Il disvalore della  condotta  in  violazione  delle  norme  sulla disciplina della circolazione stradale e' quindi  articolato  secondo una precisa graduazione. Il  divario  e' di  tutta  evidenza  se  si pongono in comparazione le ipotesi base  del  primo  comma  dell'art. 589-bis e dell'art. 590-bis cod. pen. con le condotte, sanzionate con la pena piu' elevata, rientranti nel secondo e  nel  terzo  comma  di entrambe  le  disposizioni.  La  pena  prevista  ove  ricorrano  tali aggravanti privilegiate e' marcatamente piu' elevata della pena base, come risulta in particolare dal fatto che  i  minimi  di  pena  delle fattispecie circostanziate sono sensibilmente incrementati. Invece, per la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida vi e'  un  indifferenziato  automatismo  sanzionatorio,  che costituisce possibile indice  di  disparita'   di   trattamento e irragionevolezza intrinseca. In generale, questa Corte (sentenza n. 50 del 1980) ha  affermato che «[i]n linea di principio, previsioni  sanzionatorie  rigide  non appaiono [...] in armonia con il "volto costituzionale"  del  sistema penale; ed il dubbio d'illegittimita' costituzionale  potra' essere, caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell'illecito sanzionato e per la  misura  della  sanzione  prevista,  quest'ultima appaia ragionevolmente "proporzionata" rispetto all'intera  gamma  di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato». Piu' recentemente, tali principi sono stati  ribaditi  da  questa Corte (sentenza n. 222  del  2018)  che,  con  riferimento  ai  reati fallimentari, ha evidenziato che  la  gravita'  dei  fatti  concreti, riconducibili  alle  fattispecie  penali, puo'  essere  marcatamente differente, censurando proprio  la  «rigidita'  applicativa»  di  una sanzione accessoria fissa. In particolare, un profilo  di  irragionevolezza e'  gia'  stato rilevato da questa Corte in un'ipotesi di automatismo della  "revoca" amministrativa della patente di guida, prevista dall'art. 120,  comma 2, cod. strada (sentenza n. 22 del 2018). Orbene, nell'art. 222 cod. strada  l'automatismo  della  risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarita' del caso, puo' giustificarsi solo per  le  piu'  gravi  violazioni  contemplate dalle  due  citate  disposizioni,  quali   previste,   come   ipotesi aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente  piu'  gravi,  dal secondo e dal  terzo  comma  sia  dell'art.  589-bis,  sia  dell'art. 590-bis cod. pen. Porsi alla guida  in  stato  di  ebbrezza  alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis cod. pen.) o sotto l'effetto di  stupefacenti costituisce  un  comportamento  altamente pericoloso per la vita e l'incolumita' delle persone, posto in essere in  spregio  del  dovuto  rispetto  di  tali  beni fondamentali;  e, pertanto,  si  giustifica  una  radicale  misura  preventiva  per  la sicurezza stradale consistente nella  sanzione  amministrativa  della revoca della patente nell'ipotesi sia di omicidio  stradale,  sia  di lesioni personali gravi o gravissime.
Al  di  sotto  di  questo  livello  vi  sono  comportamenti   pur gravemente  colpevoli,  ma  in  misura  inferiore  sicche'   non   e' compatibile con i  principi  di eguaglianza  e  proporzionalita'  la previsione della  medesima  sanzione  amministrativa.  In  tal  caso, l'automatismo della sanzione amministrativa piu' non si giustifica  e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice. Oltre   all'irragionevolezza   intrinseca   di    una    sanzione amministrativa fissa per tali ultimi comportamenti,  c'e'  anche  che nell'art. 222 cod. strada rimane vigente la prescrizione del  secondo e del terzo periodo del comma 2, i  quali  prevedono rispettivamente che, quando dal fatto commesso con violazione del codice della strada derivi  una  lesione  personale  colposa  grave  o   gravissima,   la sospensione della patente e' fino a due  anni,  mentre  nel  caso  di omicidio colposo la  sospensione  e'  fino  a  quattro  anni.  Quindi coesistono nella stessa norma (comma 2 dell'art.  222  cod.  strada) prescrizioni che si sovrappongono senza una chiara  delimitazione  di applicabilita'.
Nel caso di condanna per il reato di omicidio  stradale  ex  art. 589-bis cod. pen.  e'  prevista,  dal  quarto  periodo  del  comma  2 dell'art. 222 cod. strada, la sanzione  amministrativa  della  revoca della patente. Invece, il precedente terzo periodo prevede,  in  caso di omicidio colposo con  violazione  delle  norme  del codice  della strada, la sospensione della patente fino a quattro anni. Analogamente, nel caso  di  condanna  per  il  reato  di  lesioni personali stradali gravi o gravissime ex art. 590-bis  cod.  pen.  e' prevista, sempre dal quarto periodo del comma 2  dell'art.  222  cod. strada, la sanzione amministrativa della revoca della patente. Invece il precedente secondo periodo prevede, in caso di lesioni colpose con violazione delle norme del codice della strada, la sospensione  della patente fino a due anni.
Vi  e',  quindi,  anche  una  poco  coerente  sovrapposizione  di fattispecie sanzionate, o no, con la revoca  della  patente,  che  si aggiunge    all'irragionevolezza intrinseca     della     sanzione indifferenziata  per  ipotesi  marcatamente  diverse  in  termini  di gravita' della condotta.
20.- In conclusione, la revoca della patente di  guida  non  puo' essere "automatica" indistintamente in ognuna delle  plurime  ipotesi previste sia dall'art.  589-bis (omicidio  stradale)  sia  dall'art. 590-bis cod. pen. (lesioni personali stradali), ma si giustifica solo nelle ben circoscritte ipotesi piu'  gravi  sanzionate  con  la  pena
rispettivamente piu' elevata come fattispecie aggravate dal secondo e dal terzo comma di entrambe tali  disposizioni  (guida  in  stato  di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti). Negli altri casi, che il legislatore stesso ha  ritenuto  di  non  pari  gravita',  sia  nelle ipotesi  non  aggravate  del  primo  comma  delle  due disposizioni
suddette, sia in quelle aggravate dei commi quarto, quinto  e  sesto, il  giudice  deve  poter  valutare  le  circostanze   del   caso   ed eventualmente applicare come sanzione amministrativa  accessoria,  in luogo della revoca della patente, la sospensione  della  stessa  come previsto - e nei limiti fissati - dal secondo e dal terzo periodo del comma 2 dell'art. 222 cod. strada. Pertanto, tale comma e' costituzionalmente illegittimo,  nel  suo quarto periodo, nella parte in cui non prevede, ove non ricorrano  le circostanze aggravanti privilegiate di cui  al  secondo  e  al  terzo comma sia dell'art. 589-bis, sia  dell'art.  590-bis  cod.  pen.,  la possibilita'  per  il giudice  di  applicare,  in  alternativa  alla sanzione amministrativa della revoca della patente di  guida,  quella della sospensione della patente, secondo il disposto  del secondo  e del terzo periodo del comma 2 dell'art. 222 cod. strada. In questi casi il giudice, secondo la gravita' della condotta del condannato, tenendo conto degli artt. 218 e 219 cod.  strada,  potra' sia disporre la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, sia quella, meno afflittiva, della  sospensione  della stessa per la durata massima prevista dal secondo e dal  terzo  periodo  del medesimo comma 2 dell'art. 222 cod. strada.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi:

1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 222,  comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede  che,  in caso di condanna, ovvero di  applicazione  della  pena  su  richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli  artt.  589-bis  (Omicidio  stradale)  e  590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della  patente  di guida, la sospensione della stessa  ai  sensi  del  secondo  e  terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 cod. strada allorche'  non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste  dai  rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.;
2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 3-ter, cod. strada, sollevata dal Tribunale ordinario  di  Torino,  in riferimento  all'art.  3  della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen., inserito dall'art.  1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato  di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali,  nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile  1992,
n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274),  sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25,  secondo  comma,  e  27  Cost.,  dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario  di  Roma  e dal Tribunale ordinario di  Torino,  con  le  ordinanze  indicate  in epigrafe.

Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019.



Sezione curata da: Salvatore Palumbo e Claudio Molteni.
DISCLAMER: Il testo della presente norma non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo quello pubblicato in G.U.  che ne costituisce la pubblicazione ufficiale.
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