Sentenza Cassazione VI Penale n. 2235-2020 - SemaforoVerde Circolazione Stradale

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Giurisprudenza penale

Cassazione Penale , Sezione VI, sentenza n. 2235 del 01 ottobre 2019

Circolazione stradale: incidente mortale - violazione art. 143 cds


PREMESSO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Prato del 10 marzo 2012, con cui ... omissis ... era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all'art. 589, commi primo e secondo, cod. pen. (perché per colpa
generica e per violazione delle norme sulla circolazione stradale e, in particolare dell'art. 143, comma 1, C.d.S., cagionava la morte di ... omissis ..., in quanto, procedendo con la propria auto Hyunday Galloper, non marciava il più vicino possibile al margine destro della carreggiata, non adottava nessuna manovra di emergenza ed urtava l'auto Fiat Panda condotta dal ... omissis ... che procedeva in senso contrario, in prossimità della mezzeria della carreggiata — in ... omissis ...).
1.1. Il Tribunale ricostruiva la dinamica della vicenda in base alle dichiarazioni di un verbalizzante e di un testimone oculare e alle risultanze della consulenza tecnica
dell'ing. ... omissis ... disposta dal pubblico ministero, dalle quali si evinceva che il ... omissis ... stava procedendo in località ... omissis ... lungo la SR n. 325 con la propria auto Galloper a distanza di m. 1,30 dal margine destro della carreggiata, benché avesse potuto avvistare tempestivamente l'auto Panda del ... omissis ... proveniente dalla direzione inversa. La vittima invadeva la corsia opposta, ma di soli cm. 30, e poneva in essere una manovra di emergenza (una controsterzata), tentando di controsterzare per evitare l'impatto, ma non vi riusciva.
La corsia di marcia era di m. 3,50 (metà dell'intera carreggiata di m. 7) e la lunghezza dell'auto del ... omissis ... era di circa m. 1,90, per cui, considerato il punto di impatto, procedeva col lato destro del mezzo a ben m. 1,30 dal margine destro della carreggiata, sebbene avesse avuto la possibilità di avvistare tempestivamente il sopraggiungere dell'auto Panda del ... omissis .... Nei reati colposi conseguenti ad illeciti stradali è esclusa la responsabilità del conducente quando il fatto illecito altrui, e in particolare della vittima, configuri per le sue caratteristiche una vera causa eccezionale, atipica e non prevedibile da sola sufficiente a determinare l'evento: tale non può ritenersi l'invasione per circa 30 cm. dell'opposta corsia di marcia, in quanto tale circostanza, ancorché gravemente colposa, ricorre purtroppo non di rado nella statistica stradale e rientra nell'ordinaria prevedibilità delle condotte di guida, dovendo il conducente prefigurarsi come possibili anche simili illeciti comportamenti.
Se il ... omissis ... avesse marciato più a destra, la manovra di emergenza della vittima avrebbe avuto successo e la vittima avrebbe evitato l'urto o esso sarebbe risultato meno violento con conseguenze non letali.
1.2. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, rilevando che, come riportato dal consulente nella sua relazione, l'urto tra i due veicoli era avve
nuto nella corsia di competenza dell'imputato, invasa dalla vittima, ma in prossimità della mezzeria della carreggiata, per cui doveva ritenersi violato l'art. 143, comma 1, C.d.S..
Secondo la Corte di merito, la strada consentiva l'incrocio agevole e non pericoloso dei veicoli e l'ampiezza del tratto di strada alla propria destra avrebbe consentito al ... omissis ... di compiere l'avvicinamento al margine destro della carreggiata Il consulente, tuttavia, non rinveniva tracce di una manovra di tale genere né l'imputato aveva affermato di averla attuata. Peraltro, la vittima si era accorta di aver parzialmente invaso l'altra corsia ed aveva iniziato una manovra di rientro con la propria auto Panda, sterzando verso destra. Il ... omissis ... poteva spostarsi sulla destra di oltre un metro, distanziarsi dalla mezzeria fino a m. 1,60 e lasciare ampia parte della propria corsia di marcia all'altro autoveicolo che la stava occupando.
L'eventuale urto avrebbe cagionato danni meno gravi, perché si sarebbe verificato non sullo spigolo e sulla parte anteriore dell'auto della vittima, bensì sulla parte posteriore o sulla fiancata destra.
L'incidente era stato causato altresì da un reciproco avvistamento tardivo (come ipotizzato anche dal teste ... omissis ...) ovvero dalla mancata correzione della propria traiettoria da parte del ... omissis .... Il ... omissis ..., infatti, aveva percorso un certo tratto a cavallo della mezzeria prima di tentare la correzione della traiettoria. Il ... omissis ..., quindi, aveva potuto tempestivamente notare l'arrivo dell'auto Panda - tanto da aver dichiarato di aver avuto il tempo di lampeggiare i fari per avvisare il conducente della stessa - e avrebbe potuto spostarsi verso destra, avendo spazio per farlo. La manovra di avvicinamento a destra omessa dal ... omissis ... non era di emergenza bensì doverosa, perché stava procedendo in violazione dell'art. 143, comma 3, C.d.S..
2. Il ... omissis ..., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, deducendo manifesta illogicità della motivazione.
Si rileva che la Corte di appello non ha valutato le risultanze processuali, travisandole e ponendole alla base di un ragionamento del tutto scollegato dalla realtà.
La Corte territoriale ha seguito pedissequamente il ragionamento del giudice di primo grado, basandolo non sulla ricostruzione dei fatti evidenziata dai consulenti e
dal teste oculare ... omissis ..., ma su un'ipotetica quanto censurabile alternativa ricostruzione dei fatti.
In base a quanto esposto dal consulente probabilmente l'urto sarebbe avvenuto anche qualora il ... omissis ... avesse viaggiato più a destra, ma da tale considerazione la Corte di merito ha illogicamente desunto che una diversa condotta dell'imputato avrebbe con elevata probabilità evitato l'urto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
In base alle risultanze della consulenza del pubblico ministero e della testimonianza del ... omissis ..., i giudici di merito hanno attribuito la maggiore responsabilità
per l'incidente a ... omissis ... - la stessa vittima - il quale per cause non individuate invadeva la carreggiata opposta, ma riconosceva la colpevolezza del ... omissis ... per violazione della disposizione di cui all'art. 143, comma 1, C.d.S., che impone al conducente di procedere il più vicino possibile al margine destro della carreggiata. Ha sottolineato altresì che il ... omissis ... non eseguiva la manovra di avvicinamento al margine destro che avrebbe scongiurato l'evento o, quantomeno, l'avrebbe reso di proporzioni meno gravi.
In particolare, la Corte di appello ha osservato che il ... omissis ... aveva proceduto per un certo tratto sulla linea di mezzeria e che il ... omissis ... aveva ammesso di aver avuto il tempo di lampeggiare i fari verso l'auto Panda del ... omissis ..., per cui era responsabile anche per il tardivo avvistamento dell'auto Panda proveniente dal senso opposto, rimarcando quindi anche una disattenzione nella condotta di guida.
In ordine alle doglianze prospettate dal ricorrente, deve rilevarsi che, con argomentazione lineare e coerente, la Corte territoriale ha attribuito maggior rilievo al
contenuto dell'elaborato scritto del consulente ing. ... omissis ..., piuttosto che alla sua estemporanea dichiarazione resa in udienza, secondo cui non necessariamente
un'eventuale manovra di avvicinamento del ... omissis ... al margine destro della strada avrebbe scongiurato il verificarsi dell'evento letale.
Con riferimento alle dichiarazioni del teste ... omissis ..., che viaggiava nella parte posteriore dell'auto Galloper dell'imputato, la Corte di merito ha osservato che egli
non aveva descritto spostamenti del veicolo diretti a correggere la traiettoria e aveva confermato che l'urto era avvenuto proprio nel mezzo della carreggiata, con
l'auto Panda eccessivamente spostata verso il centro della strada.
A fronte di tali precisazioni contenute nella sentenza impugnata, il ricorrente non ha svolto deduzioni critiche con riguardo ai punti, che hanno segnato lo sviluppo
decisionale, sottraendosi ad uno specifico confronto con le considerazioni attinenti alle indicazioni del consulente tecnico e del testimone. La difesa dell'imputato - ai
fini dell'autosufficienza del ricorso - avrebbe dovuto altresì allegare i verbali dibattimentali e la consulenza tecnica e così consentire a questa Corte la comparazione
con le valutazioni della Corte di appello e il controllo circa l'effettiva esistenza dell'ipotizzato travisamento.
La Corte territoriale ha altresì evidenziato che nella fattispecie non può trovare spazio la tesi dell'efficienza causale esclusiva della condotta della vittima rispetto
all'evento ovvero della sua idoneità a interrompere il nesso causale naturalisticamente esistente (anche) con la condotta dell'imputato. Al riguardo è sufficiente rilevare che, da un lato, l'incidenza causale di quest'ultima, secondo un nesso di causalità naturale (quale quello espresso dalla teoria condizionalistica della condicio sine qua non o dell'equivalenza delle cause, come noto accolta nel nostro ordinamento penale quale criterio fondamentale di imputazione oggettiva, ai sensi dell'art. 40, comma primo, e art. 41, commi primo e terzo, cod. pen.), è nei fatti indiscutibile e indiscussa e, dall'altro, che, costituendo la condotta della vittima causa non sopravvenuta ma al più simultanea dell'evento, non è nemmeno pertinente il riferimento alla previsione di cui all'art. 41, comma 2, cod. pen., atteso che questo attribuisce efficacia interruttiva del nesso causale alle sole cause sopravvenute che, pur non autonome o del tutto slegate dalla condotta dell'imputato, ne costituiscano sviluppo eccezionale e del tutto imprevedibile.
Al di là di ogni valutazione sulla gravità della condotta colposa della vittima, la stessa non può comunque annoverarsi tra gli eventi eccezionali, atipici e imprevedibili, costituendo anzi principio costantemente affermato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, in tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo deve prefigurarsi anche l'invasione della corsia di marcia da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere in senso inverso, onde porsi nelle condizioni di
porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità (vedi, per riferimenti, Sez. 4, n. 8090 del 15/11/2013, Saporito, Rv. 259277; Sez. 4, n.
33385 del 08/07/2008, Ianniello, Rv. 240899; Sez. 4, n. 28615 del 14/06/2005, Pravettoni, Rv. 232445). Le norme sulla circolazione stradale, peraltro, impongono
doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo determinate anche da comportamenti irresponsabili altrui, se prevedibili (Sez.4, n.
32202 del 15/07/2010, Filippi, Rv. 248354), 2. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e — non sussistendo ragioni di esonero — al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 1 ottobre 2019.


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Sezione curata da: Palumbo salvatore e Dott. Claudio Molteni.

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